A tavola, i format valgono 2,5 miliardi

Secondo Fipe, il comparto è cresciuto del 5%. Boom d’investimenti nelle catene di ristorazione made in Italy ma la loro diffusione nel Paese resta sotto la media Ue

 

di francesca corradi

In Italia esistono oltre 333mila imprese di ristorazione, secondo il “Rapporto Ristorazione” 2018 di Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi.

Il calo dei consumi alimentari in casa (-9,8%) è inversamente proporzionale al quadro di sostanziale ottimismo che investe il settore della somministrazione, in cui si è registrato un incremento reale del 5,7%, pari a quattro miliardi di euro, e a cui è destinata il 36% della spesa food delle famiglie italiane, ben 85 miliardi di euro.

I dati parlano chiaro, agli italiani piace mangiare fuori. L’aumento della domanda ha generato un giro d’affari non indifferente nella ristorazione che ha trovato la sua massima espressione con l’avvento di Expo.

«L’esposizione universale ha avuto la forza di spostare l’attenzione dal prodotto al business e percepire il mondo del food come attività, non solo cucina – dichiara Lorenzo Ferrari (nella foto sopra), fondatore di RistoratoreTop, società specializzata nel marketing della ristorazione -. È alle porte la più grande rivoluzione a tavola dopo quella degli anni Cinquanta quando il boom economico e l’abbondanza di ristoranti e materie prime ha modificato profondamente le abitudini degli italiani».

I dati Fipe sembrano confermare questa analisi: ritmi e stili di vita stanno modificando sensibilmente le nostre relazioni con il cibo. I principali fattori sembrano essere il tempo a disposizione e l’abitudine a cucinare meno.

Oggi si esce più spesso a pranzo o a cena ma, invece delle canoniche “quattro portate”, si preferiscono pasti più leggeri (monoportata). Si tratta spesso tanti piccoli piatti da condividere, da mangiare insieme senza un preciso ordine cronologico. I professionisti del settore sono tutti d’accordo: entro qualche anno dai menu sparirà la suddivisione in portate (e in alcuni ristoranti è già così).

In termini di abitudine c’è un’altra tendenza che si sta facendo largo prepotentemente e che vede protagonisti il “dolce-caffè-amaro” non solo in termini di tempo ma anche di spazio: Starbucks docet. Il caffè diventa rito, come insegna Caffè Napoli, e il cioccolato ha uno storytelling, come accade nello store From Bean to Bar di Cioccolatitaliani (nella foto a sinistra il ceo Vincenzo Ferrieri).

La rivoluzione dei comportamenti degli italiani ha contribuito al diffondersi di nuovi modelli di ristorazione, con una forte vocazione alla replicabilità: i format o catene di ristorazione.

 

I format in Italia

Secondo i dati Fipe, nel 2017 le catene della ristorazione commerciale hanno generato ricavi netti per circa 2,5 miliardi di euro in crescita di oltre il 5% rispetto all’anno precedente.

(Photo Sebastien Rande / Studio Cui Cui)

«L’Italia è ancora largamente ancorata a modelli più tradizionali di organizzazione imprenditoriale», afferma Vincent Mourre (nella foto a  sinistra), amministratore delegato e co-fondatore di WhiteSpace Partners e consulente specializzato in operazioni di private equity nella ristorazione.

«La ristorazione individuale oggi fa fatica a sopravvivere e c’è un mercato enorme di trasformazione dalle attività familiari o classici bar a proposte legate a un brand garantendo un’offerta costante», sottolinea Antonio Civita, ceo di Panino Giusto.

In Italia solo il 6% delle realtà di somministrazione è una catena, un dato inferiore alla media europea, per non parlare di quella anglosassone, dove il rapporto è 60/40. Ma c’è una buona notizia: «I food format si stanno evolvendo e saranno sempre più presenti nel panorama della ristorazione. A Milano, in passato, i ristoranti portavano il nome e cognome del proprietario, uno o due figure attorno a cui ruotava il ristorante, con una forte difficoltà di replicabilità, oggi c’è il brand», afferma Tunde Pecsvari, fondatrice di Macha Cafè insieme ad Antonio Scognamiglio.

 

 

I format hanno un ruolo importante nel panorama della ristorazione in quanto «sono garanzia di qualità, costante, di prodotto e servizio – sostiene Maria Rita Notari, founder di Augusto Contract –. Il trend in generale è di valorizzare sempre di più il prodotto con una focalizzazione sulla customer experience all’interno di uno spazio coerente. In Italia stanno facendo bene diversi format come Cioccolatitaliani che infatti sta avendo successo anche all’estero».

 

Ascolta l’intervista all’ad Antonio Civita

 

 

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