Forum della Ristorazione: “crescono etnici e passaparola”

Secondo il “Rapporto RistoratoreTop 2019” il 2018 è stato l’anno dei record per la ristorazione Italiana con un giro d’affari di 85 miliardi di euro. Boom del 40% della ristorazione etnica negli ultimi 5 anni che rappresenta il 6% del settore con 667mila addetti. Confermata la crescita del food delivery che vale più di un miliardo. E per la scelta del locale conta ancora il passaparola.

Il 12 marzo, a Rimini, è andato in scena il primo Forum della Ristorazione.

“Il numero di ristoranti risulta in crescita, arrivando nel 2018 ai massimi storici – spiega Lorenzo Ferrari, presidente dell’Osservatorio ristorazione, presentato in occasione del forum – ciò dipende da un aspetto finora ignorato nelle analisi di settore: le variazioni di codice ATECO, come i bar che diventano tavole calde, le macellerie che aggiungono la cucina, i concept store che uniscono la somministrazione di cibi e bevande ad attività commerciali completamente diverse.

Le attività registrate presso le Camere di Commercio sono state 392.134, di cui 337.172 attive, ma il saldo tra quelle avviate nel 2018 (13.629) e quelle cessate (26.073) è di -12.444, il più corposo di sempre. Dall’analisi dei numeri di Movimprese, l’indice della nati-mortalità delle imprese di Unioncamere, emerge anche su scala locale il trend negativo nel rapporto tra attività avviate e cessate nel 2018: a Milano si registra un saldo di -477, il più alto degli ultimi 10 anni; a Roma di -922, meglio del 2015 (-951) e del 2017 (-941) ma più del doppio rispetto al 2009 (-435); a Napoli -392, il peggiore dal 2010 dopo un 2009 di saldo positivo. Complessivamente, dal 2009 al 2018 si registra un differenziale è di -100.977.

Anche se in  questo momento, sotto i riflettori dei media, ci sono i ristoranti stellati e i relativi chef, questi rappresentato soltanto lo 0,1% del settore, con 367 realtà e un impatto economico irrisorio. Per la ristorazione stellata si sitima infatti un fatturato annuo che supera, di poco, i 284mila euro, lo 0,33% degli 85 miliardi complessivi del settore.

Tra le realtà in forte espansione in Italia, che stanno influendo sulle abitudini di consumo, compaiono invece le catene e i ristoranti etnici. Rispetto alle prime, il rapporto stima che il numero di locali facenti parte di catene si attesti attorno alle 5.500 unità, ovvero l’1,63% del totale dei locali, con un fatturato medio annuo per singolo ristorante di 730mila euro e un ammontare complessivo di oltre 4milioni, il 4,72% del totale del settore, come raccontato su foodcommunity.it e MAG). La ristorazione etnica invece ha visto crescere del 40% le attività negli ultimi 5 anni e alla fine del 2017 i locali che servivano cibi esotici superava quota 22mila il 6,78% del totale, con 667.735 impiegati.

Il proliferare delle catene e degli etnici è un fenomeno figlio della globalizzazione dei gusti e delle abitudini che apre a nuovi modelli di fruizione nei ristoranti. Il consumatore italiano under 35, ad esempio, cucina sempre meno a casa e, quando esce, va speso alla ricerca di nuovi sapori o di esperienze particolari. L’idea di menù tradizionale viene abbandonata per abbracciare formule più veloci, come starter-piatto principale-dessert, o più articolate, come i percorsi degustativi fatti di tante piccole portate.

Un mercato altrettanto interessante è quello del food delivery, senza contare il take away, che vale 1,1 miliardi in Italia. L’online food delivery, secondo le stime di alcuni operatori del settore, ha avuto una costante crescita: 121 milioni nel 2016, 207 milioni nel 2017 (+71%), 350 milioni nel 2018 (+69%) e si prevedono 590 milioni per il 2019.

“La comparsa di numerosi aggregatori e distributori di cibo a domicilio – prosegue Ferrari – che tendenzialmente analizzano i big data relativi ai clienti, non condividendoli con i ristoratori, apre a nuovi scenari, come la comparsa anche in Italia delle dark kitchen, ovvero laboratori di produzione di cibo non aperti al pubblico che vivono grazie alle piattaforme o di proprietà delle piattaforme stesse, e l’uso concorrenziale dei dati per scoprire e cavalcare i trend prima degli altri.”

 

Secondo l’Osservatorio, con una middle class che sta lentamente sparendo e un potere d’acquisto medio in forte calo nel mondo occidentale, è plausibile stimare che i consumi di massa si andranno a concentrare nella fascia dei ristoranti economici. Tale categoria è suddivisa in locali accessibili non “cool”, ovvero percepiti negativamente come nel caso degli all you can eat, e in locali accessibili “cool”, rivolti sempre ad ampi target, ma percepiti positivamente. L’accessibile cool è l’anello di congiunzione tra il ristorante classico e il fast food, con un’offerta gastronomica veloce e un servizio informale. Un luogo che, grazie all’ambiente curato e prodotti di qualità percepita come alta, gode di buona reputazione. In termini economici è un modo per tenere sotto controllo i costi di materie prime e personale, le voci più impattanti per le attività ristorative, pur mantenendo buone marginalità.

Come i clienti scelgono un ristorante? L’agenzia di marketing RistoratoreTop conferma che il metodo più diffuso nel 2019 è, come nell’era pre-internet, il passaparola (43,5%), seguito da Facebook (13,7%), Tripadvisor (13,3%) e Google (10,7%) e Instagram (7,9%).

“Il Rapporto intende raccontare il settore – conclude Ferrari al Forum della Ristorazione – tanto dal punto di vista dei ristoratori quanto dei consumatori affinché i primi acquisiscano consapevolezza dei cambiamenti nelle abitudini dei secondi. Se i ristoratori, come categoria, sapranno intercettare e interpretare il cambiamento, potranno arginare la snaturalizzazione delle tradizioni e l’omologazione dell’offerta.”

 

Leave a Reply

SHARE