L’Italian Sounding pesa 90 miliardi sul settore

È di 90 miliardi di euro l’impatto economico globale del fenomeno di Italian Sounding: valore che negli ultimi dieci anni è cresciuto del 70% e corrisponde al triplo dell’importo totale dell’export alimentare italiano nel 2017.

 

I prodotti alimentari più contraffatti sono piatti pronti e surgelati, conserve e condimenti che arrivano a costare nel Regno Unito fino al 69% in meno degli originali.

 

Assocamerestero, l’Associazione che riunisce le 78 Camere di Commercio Italiane all’Estero a Unioncamere, il 26 luglio ha presentato i risultati dell’indagine 2018 sui prodotti alimentari e l’utilizzo improprio di nomi e immagini evocative del Belpaese, con focus su Europa e Nord America.

 

 

Dallo studio inserito nell’ambito del Progetto True Italian Taste – promosso e finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico per la Campagna di promozione del cibo 100% Made in Italy – emerge che per le due aree interessate la categoria più colpita dal fenomeno è quella della confectionery: il 42% dei prodotti “imitati” sono piatti pronti e surgelati, conserve e condimenti; seguono i latticini (25,1%), la pasta (16,1%), i prodotti a base di carne (13,2%) e i prodotti da forno (3,6%). I risultati cambiano se si analizzano separatamente le due aree: in Europa si registra per i prodotti della confectionery un livello di diffusione superiore alla media generale mentre nell’area Nafta – Canada, Stati Uniti, Messico – salgono al primo posto i latticini.

 

Tra gli oltre 800 prodotti Italian Sounding mappati figura la “pizza carbonara” o la “mortadela siciliana” rilevati in Spagna, mentre nell’area Nafta sono frequenti le storpiature come “sarvecchio” al posto di “stravecchio” o la “sopressata” che perde una “p”, infine, in Francia e Olanda, uno speciale Limoncello viene presentato come un liquore da aperitivo.

 

Per valutare gli impatti economici del fenomeno è stato elaborato un indice dei costi, che misura il divario dei prezzi tra i prodotti Italian Sounding e quelli del Made in Italy autentico: l’abbattimento di costo più forte si registra nel Regno Unito (- 69%), testa a testa con la Germania (- 68,5%) seguiti con risultati pressoché analoghi dal Belgio (-64,9%) e dall’Olanda (- 64,3%); ci si muove su tassi di risparmio più contenuti in Svizzera (- 33,9%) e in Lussemburgo (- 25%). In alcune aree geografiche sono stati registrati dati fuori tendenza: alcune tipologie di prodotto possono arrivare a costare fino a due terzi in più degli originali.

 

 

I latticini e prodotti-caseari d’imitazione italiana sono venduti in Francia e in Svizzera rispettivamente al 13,9% e al 34,5% in più rispetto all’originale. Relativamente al settore confectionery, è il Lussemburgo che registra valori anomali, con un aumento di prezzo del 18,3% rispetto al prodotto italiano; il ribasso più forte, invece, si ha in Spagna e Olanda. La Germania ha il primato per l’abbattimento dei costi maggiore per la pasta (- 47,9%), mentre in Svizzera e Francia aumentano i prezzi del 33% e del 16,6%. Per i prodotti da forno in Spagna si paga fino al 10,7% in più rispetto al prodotto autentico diversamente in Francia in cui i costi sono più bassi di oltre il 47%.

 

“L’analisi condotta dalle Camere italiane all’estero mostra un dato interessante: in alcune realtà e per alcuni prodotti, la scelta dell’Italian Sounding rispetto all’originale italiano non è legata a questioni di costo, ma piuttosto a due fattori: la difficoltà a volte di reperimento del prodotto autentico e la scarsa conoscenza da parte del consumatore straniero delle caratteristiche e della qualità del vero Made in Italy – sottolinea Gian Domenico Auricchio, Presidente di Assocamerestero -. Con il Progetto True Italian Taste stiamo lavorando proprio per far sì che la scelta del prodotto autentico italiano passi attraverso l’esperienza della sua eccellenza, coinvolgendo in oltre 200 iniziative oltre 500mila operatori del food e food lovers dei mercati di primo riferimento per il nostro export dentro e fuori il continente europeo. È solo grazie alla diffusione della cultura e dell’educazione al consumo dei prodotti 100% italiani, e lavorando sulle alleanze che le CCIE stabiliscono con le comunità d’affari locali, che sarà possibile arginare il fenomeno dell’Italian Sounding e recuperare le quote di mercato erose al nostro agroalimentare”.

 

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