Il biologico: da nicchia a settore di punta
Il biologico genera un business globale da 92 miliardi di euro. L’Italia al top per produzione con 76mila aziende e un fatturato da 3,6 miliardi. Incremento del 314% delle vendite di vini e spumanti bio nella gdo
Il biologico è un settore in forte crescita dove l’Italia è fra i primi produttori, generando un giro d’affari di 3,6 miliardi di euro e coinvolgendo oltre 76 mila aziende agricole.
Secondo i dati Fibl, l’istituto di ricerca tedesco dell’agricoltura biologica, la filiera biologica mondiale ha raggiunto un fatturato di 92 miliardi di euro, con 70 milioni di ettari coltivati da 2,9 milioni di produttori. Australia ed Europa coprono il 74% dell’estensione mondiale delle coltivazioni biologiche e, in particolare, l’Italia è fra i principali produttori con circa 2 milioni di ettari coltivati a biologico, cresciuti fra il 2017 e il 2018 del 6,5%, seconda in Europa. Per quanto riguarda il consumo di questi prodotti gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato mentre le prime tre nazioni per spesa pro capite annua in alimenti biologici sono europee: si tratta di Svizzera (288 euro), Danimarca (278 euro) e Svezia (237 euro).
Nel Bel Paese le coltivazioni biologiche coprono circa il 15% della superficie agricola nazionale
È quindi il caso di dire altro che mercato di nicchia. Nel Bel Paese sono presenti 76mila aziende con un giro d’affari di 3,6 miliardi di euro e un export che raggiunge i 2 miliardi di euro. Uova, confetture e pane sono i prodotti biologici maggiormente acquistati che rappresentano circa il 4% della spesa alimentare globale degli italiani.
Dai dati diffusi da Anabio, l’Associazione per il biologico di Cia-Agricoltori Italiani, i consumi del bio sono cresciuti del 10% nel 2018, interessando il 64% degli italiani. L’ortofrutta, con il 25,7%, resta il comparto trainante ed è il settore più maturo per le organizzazioni di produttori ovvero le aggregazioni di aziende agricole di produzione sotto forma di cooperativa o di associazione, che però, pur con 304 realtà, si attestano appena al 50% sul totale.
Quando si parla di biologico non si parla solo di food ma anche di beverage.
Negli ultimi quattro anni infatti la superficie biologica è raddoppiata, si tratta di circa il 15% della superficie vitivinicola italiana, rappresentando ormai una parte fondamentale della produzione. E nell’ultimo anno, il vino bio è cresciuto nella grande distribuzione organizzata del 46% mentre il convenzionale del 7%.
I dati dell’Osservatorio bio 2019 Nomisma rilevati da Nielsen evidenziano un incremento del 314% delle vendite di vini e spumanti bio nella gdo. Si è passati da un volume di acquisti totali al supermercato e nella distribuzione moderna per 7,2 milioni di euro nel 2014 ai 32,3 milioni di euro nel 2018. Le referenze di etichette bio in assortimento sono aumentate del 200% negli ultimi tre anni passando da 154 a 479.
«Il biologico è una grande opportunità per il futuro dell’agricoltura e dell’agroalimentare italiano e il percorso straordinario di crescita del vino biologico e biodinamico in pochissimi anni è l’esempio da seguire. La certificazione di processo con logo europeo unita a tipicità, territorio, qualità del prodotto e organizzazione per il mercato, hanno consentito al vino biologico italiano di essere leader a livello mondiale – ha dichiarato Paolo Carnemolla, presidente FederBio –. É necessario che questi risultati vengano tutelati e facciano da stimolo per una transizione dell’agricoltura italiana verso un modello agricolo, che non solo garantisca sostenibilità e qualità del cibo, ma anche sostenibilità economica».
La geografia dei vigneti bio vede, secondo l’osservatorio di Nomisma Wine Monitor sugli impianti al 2017, primeggiare in assoluto la Sicilia (35%), seguita a distanza da Puglia (14%), Toscana (14%), Marche e Veneto (5%), Calabria e Abruzzo (4%), oltre a un 20% che contempla tutte le altre regioni. Tuttavia la classifica cambia prendendo in considerazione la percentuale di vigne bio sul vigneto totale regionale: in questo caso a primeggiare è la Calabria (41,6%), a cui seguono Sicilia (36%), Marche (30,9%), Toscana (22,8%), Basilicata (19,5%), Puglia (16,7%), Lombardia (15,7%), Lazio (13,1%) e Abruzzo (12,2%).
Si tratta di denominazioni importanti che ora puntano a valorizzare anche i benefici ambientali di questa scelta misurandoli e comunicandoli in etichetta.
Un esempio è il Franciacorta, terroir bresciano dove dal 1961 si producono bollicine metodo classico, che ha già convertito il 70% dei vigneti al biologico certificato.
Secondo la ricerca dedicata ai vini condotta in 16 punti vendita in Italia di Signorvino – la rete di enoteche di “Mister Calzedonia” Sandro Veronesi – anche nei negozi specializzati emerge una sostanziale crescita degli acquisti di bottiglie bio, richieste da un cliente su quattro. Spiccano le bollicine a cui seguono i rosati, i vini bianchi e i vini rossi mentre il consumatore tipo del format sarebbe un profilo tra i 30-45 anni per le donne e 35-55 anni per gli uomini. In generale però i maggiori consumatori di vino biologico o semplicemente naturale, meglio se prodotta con metodologie attente all’ambiente e con preferenza verso il km zero, sembrano essere i millennials, la generazione dei nati tra gli anni Ottanta e i Duemila, sempre più attenti alla salute e al benessere.
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