Rabarbaro Italiano, dalla ricerca al business

Il progetto, parte di Res Naturae, rappresenta la prima realtà specializzata nella coltivazione e commercio del singolare ortaggio, che coniuga giardino e cucina, nel nostro Paese.

di francesca corradi

L’idea di Rabarbaro italiano nasce nel 2015 da una coppia under 30 di studenti alla facoltà di agraria: Giovanni Mazzucotelli (nella foto) e Maria Cazzaniga. I due giovani, già proprietari dell’azienda agricola Res Naturae, hanno avuto l’intuito di riscoprire e sfruttare la versatilità dell’ortaggio e venderlo anche a professionisti come pasticcerie e cucine, una tra tutte quella del milanese Ratanà di Cesare Battisti.

L’avventura dei due fondatori inizia però qualche anno prima quando nel 2013 danno vita a un vivaio nel quale coltivano piante ornamentali e allo stesso tempo commestibili. «In natura non esistono barriere tra orto e giardino», dicono i due giovani. La loro è una ricerca botanica con la missione di raccontare la bellezza delle piante commestibili, anche quelle più sconosciute e affascinanti, con foglie dal gusto di ciliegia, di ostrica, di liquirizia o di formaggio.

Ma la svolta avviene circa tre anni fa quando i due ragazzi decidono di coltivare un terreno incolto a rabarbaro e si fanno così depositari del marchio Rabarbaro Italiano. Delle 120 varietà esistenti (in natura), ne producono ora tredici varietà e, di queste, sette in pieno campo, curandone lo sviluppo dalla semina alla raccolta. La pianta, famosa anche per le sue proprietà medicinali, viene commercializzata in vaso, sotto forma di gambi freschi – raccolti a mano, puliti e confezionati – oppure in confettura o nettare (con il supporto dell’esperto artigiano).

Ma cos’è veramente il rabarbaro? Per via delle caramelle oppure del liquore, molto in voga negli anni Settanta, il vegetale viene quasi sempre associato a un gusto tendente all’amaro. In realtà questa è una caratteristica delle radici, al contrario, le sue coste hanno un gusto gradevole e decisamente diverso, molto simile alla prugna aspra o alla mela verde. Crudo o saltato in padella, è ottimo per preparare dolci, (torte salate), primi piatti, contorni e insalate.

E la piccola zona delle Prealpi, tra Lecco e la Valsassina e con vista mozzafiato sul lago, sembrerebbe il territorio ideale per coltivare il vegetale, non amante del caldo. Non per niente è caratteristico del nord Europa e cresce anche in orti di montagna.

La startup sembrerebbe quindi l’unica realtà a puntare sul business del rabarbaro. Le sue caratteristiche sono: freschezza, ricevuto l’ordine lo consegnano in 24 ore dalla raccolta sia che si tratti di piante da coltivare (da marzo a novembre) sia di gambi freschi (da aprile a ottobre); agricoltura “ragionata” e quindi rispetto dell’acqua e non utilizzo di sostanze chimiche; recupero di terreni scoscesi difficili da raggiungere con mezzi agricoli e altrimenti inutilizzati.

E il tornaconto? È interessante. I gambi “pronti all’uso” al dettaglio arrivano infatti a costare fino a 9,50 euro al kg. Nel 2018 l’azienda Res Naturae, di cui fa parte Rabarbaro italiano, ha superato i 50mila euro, derivanti per l’80% dalla vendita di piante in vaso. L’obiettivo di Giovanni e Maria è far si che il brand, grazie anche a nuovi prodotti trasformati, arrivi a rappresentare il 40% dei ricavi. Ad aprile inoltre viene lanciato il nuovo canale e-commerce che ottimizzerà le vendite, prima gestite attraverso e-mail o i social Facebook e Instagram, e sono iniziati percorsi sensoriali guidati in vivaio.

Visto il successo della startup è molto probabile che Giovanni e Maria, in futuro, investano in nuove piante, con molto potenziale e ancora poco diffuse nel Bel Paese.

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