Agroalimentare italiano: il governo congela la decisione sul Ceta

Il trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada divide. Ora il Ceta è a un punto cruciale, approvato in via definitiva dal Parlamento Europeo il 15 febbraio del 2017 ed entrato in vigore in forma sperimentale da settembre, deve ora essere approvato da ogni singolo stato dell’Unione. Al momento si sono espressi a favore dell’accordo 11 paesi – Danimarca, Lettonia, Estonia, Lituania, Malta, Spagna, Portogallo, Croazia, Repubblica Ceca, Austria e Finlandia – e a giorni il Parlamento Italiano è chiamato a pronunciarsi.

Ma il Ceta rischia di saltare. “Nessuno ha fretta di portare l’accordo in Aula: vogliamo capire con dati concreti se realmente è vantaggioso per il nostro Paese. Ad oggi ci sembra di no”. Questo, in sintesi, ciò che ha dichiarato il ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio, al suo arrivo al Consiglio Agricoltura dell’Ue, il 16 luglio a Bruxelles.

A sorpresa anche il Ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio si è detto contrario alla ratifica: il problema, per il governo italiano, sembra riguardare soprattutto la tutela, considerata insufficiente, dei prodotti agricoli nazionali con Igp – indicazione geografica protetta – sul mercato canadese.

“In totale – ha spiegato Centinaio – abbiamo circa 250 Igp: ne stiamo tutelando 41, vuol dire che ce ne sono 200 fuori. Vediamo se queste sono tutte locali, che servono il mercato rionale, oppure se ce ne sono alcune che possono essere tutelate sul mercato canadese”.

Anche Coldiretti appoggia la linea del Governo. «Per l’Italia l’opposizione è giustificata dal fatto che con il Ceta per la prima volta nella storia l’Ue legittima in un trattato internazionale – dichiara Coldiretti – la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, un cavallo di Troia nei negoziati con altri Paesi, dal Giappone al Messico, dall’Australia alla Nuova Zelanda fino ai Paesi del Sudamerica (Mercosur) che sono stati così autorizzati a chiedere lo stesso tipo di concessioni».

“Con questo trattato l’Unione Europea per la prima volta autorizza all’estero l’utilizzo della traduzione inglese Parmesan del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano, per formaggi che non hanno nulla a che fare con le due specialità Made in Italy più vendute nel mondo – Coldiretti argomenta la sua posizione dando dei dati -. A diminuire in Canada sono state anche le esportazioni dall’Italia dell’intera categoria formaggi e latticini che risultano in calo in valore del 2 percento nel primo trimestre del 2018 rispetto allo stesso periodo dell’anno. Al contrario nei primi tre mesi del 2018 sono stati prodotti in Canada ben 3 milioni di chili di falso Parmigiano Reggiano (Parmesan), 2,3 milioni di ricotta locale, 970mila chili di Provolone taroccato senza dimenticare che ci sono addirittura 36,1 milioni di chili di mozzarella e ben 68mila chili di un non ben identificato formaggio Friulano”.

Di ben altra opinione è il coordinamento di Agrinsieme, che riunisce Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari che afferma: “La mancata ratifica del Ceta sarebbe un clamoroso autogol”. I sostenitori dell’accordo sottolineano che con la sua approvazione verrebbero tutelate 41 denominazioni italiane, pari a oltre il 90% del fatturato dell’export a denominazione d’origine nel mondo, che altrimenti non avrebbero alcuna tutela sui mercati canadesi. “Senza l’accordo con il Canada non si potrebbe verificare un aumento dei contingenti di export a dazio zero e quindi una crescita esponenziale delle esportazioni italiane ed europee – sottolinea il coordinamento di Agrinsieme -. Non ultimo non si arriverebbe a una maggiore tutela per le produzioni agroalimentari nazionali, le cui denominazioni, al contrario, potrebbero essere liberamente usate dai canadesi”.

Anche l’Aicig, Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche, fa sentire la sua voce: “Siamo d’accordo – afferma il suo Presidente Cesare Baldrighi – con il Ministro Centinaio rispetto alla necessità di arrivare ad una oggettiva valutazione degli effetti del Ceta sull’economia agroalimentare nazionale. È utile, anzi necessario, istituire un tavolo tecnico nazionale che valuti bene gli esiti di applicazione del Ceta e la successiva previsione. Al tavolo non dovrà mancare la presenza dell’Associazione dei Consorzi di Tutela per portare dati oggettivi, numeri concreti e verificare l’effettiva applicazione dei contenuti dell’accordo rispetto ai prodotti Dop e Igp, al fine di formulare un giudizio completo, obiettivo e definitivo”.

Il Ceta garantisce la protezione a undici salumi italiani tutelati: Bresaola della Valtellina Igp, Cotechino Modena Igp, Culatello di Zibello Dop, Lardo di Colonnata Igp, Mortadella Bologna Igp, Prosciutto di Modena Dop, Prosciutto di Parma Dop, il Prosciutto di S. Daniele Dop, Prosciutto Toscano Dop, Speck Alto Adige Igp, Zampone Modena Igp. Nicola Levoni, Presidente di Assica – Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi  – sostiene che “non ratificare il Ceta sarebbe un grave errore. I negoziatori comunitari hanno raggiunto un ottimo accordo, senz’altro perfettibile come ogni compromesso, ma senza il quale i nostri salumi Dop e Igp oggi non avrebbero alcuna protezione – e aggiunge -. La “coesistenza” tra Indicazioni Geografiche e trade marks non è la soluzione definitiva, ma rappresenta certamente un passo avanti fondamentale. E’ proprio la totale mancanza di protezione che favorisce il proliferare dell’Italian sounding, come appunto avvenuto in passato proprio in Canada e come sta avvenendo in questi anni in Russia, dopo la chiusura di quel mercato alle nostre produzioni per le note vicende politiche”.

Sul fronte  del beverage prende la parola il presidente di Federdoc – Confederazione Nazionale Consorzi Volontari per la tutela delle denominazioni dei vini italiani – Riccardo Ricci Curbastro:”Riteniamo che soltanto con il tempo si potrà valutare l’effettiva efficacia del Ceta; si dovranno aspettare quindi i dati dell’export per poter esprimere una valutazione supportata da dati di fatto sull’accordo di libero scambio. Già dai primi dati export registrati in seguito alla conclusione dell’accordo possiamo constatare alcuni primi effetti positivi: le denominazioni italiane sono cresciute complessivamente di un 9% in valore. Dato confermato anche nel primo trimestre del 2018, al termine del quale abbiamo raggiunto sul confezionato un 10% di crescita in valore delle Dop”.

Ad oggi sono 296 le Indicazioni Geografiche italiane (vini esclusi), a fronte di 1.427 a livello europeo. Il valore economico delle dop e igp italiane ammonta a circa 15 miliardi di euro (fonte portale EU Door).

Ma cosa ne pensano le aziende? Daniela Pasini, Responsabile Marketing e Comunicazione Salumi Pasini afferma: “Trovo che il Ceta sia un’ottima opportunità per l’Italia e per i produttori del Made in Italy, in un Paese così potenziale come il Canada. Purtroppo lo trovo il solito “cavillo all’italiana” dove pochi riescono a mettere il bastone fra le ruote a molti. Non penso possa essere davvero uno svantaggio a prodotti Igp e Dop italiani, trovo invece sia un ottimo modo per promuoverci all’estero, poi se si farà maggior cultura sui dettagli ben venga”.

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