Il prezzo del grano continua a salire: quali scenari si aprono per consumatori e produttori? L’analisi di Molino Moras

*a cura di letizia ceriani

Nello scenario odierno, il valore della farina rischia di diventare un bene di lusso. L’azienda italiana Molino Moras, attiva nel settore dell’industria molitoria – ovvero, della macinazione del frumento – mette in evidenza come l’attuale crisi non coinvolgerà solo i produttori, ma travolgerà l’intera filiera.

Anna Pantanali (nella foto, sotto), responsabile marketing e R&D di Molino Moras, fa parte ormai della sesta generazione dell’impresa familiare, oggi alla guida, e comunica il settore con passione e dedizione, senza nascondere una forte preoccupazione. «Il mare è in tempesta ormai da molto e la resilienza degli imprenditori non ha limiti, soprattutto quando si ha a cuore il proprio mestiere, l’azienda e le persone che vi lavorano. Non sappiamo più che cosa aspettarci, dopo due anni di pandemia e chiusure, ora la guerra, le tensioni geopolitiche, il meteo parzialmente sfavorevole e gli stock bassi del grano tenero con prezzi che continuano a salire (siamo già oltre l’80% rispetto all’anno scorso e per alcune tipologie di grano qualità premium oltre il 90%).È improbabile avere un disegno a breve termine perché una scelta oggi potrebbe essere inadeguata domani. Il mercato è fuori controllo e la complessità è molto alta».

Anna Pantanali, Marketing e R&D, Molino Moras

Il contesto

In termini di cibo l’Italia è un paese generalmente deficitario: viene prodotto appena il 36% del grano tenero che le serve, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo.

I prezzi delle commodity agricole, che erano già in rialzo a causa della pandemia, hanno subito un ulteriore aumento per la guerra in Ucraina e per la siccità, che continua ad aleggiare sugli Stati Uniti. La crescita dei prezzi registrata nelle prime settimane di aprile segue la tendenza già riscontrata nei mesi scorsi.

A questo proposito la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, ha messo in luce come la variazione mensile dei prezzi dei prodotti alimentari base abbia registrato un+12,6% solo a marzo, dopo aver già raggiunto numeri record a febbraio. Sempre secondo la FAO, l’aumento più importante ha riguardato proprio i cereali, in aumento del 17,1% rispetto a febbraio, principalmente a causa del conflitto russo-ucraino. Nello specifico, i prezzi di mais e grano duro sono cresciuti rispettivamente del 19,1% e del 19,7% nello scorso mese.

La situazione ha mostrato i suoi effetti prima di tutto sui piccoli-medi molini, subito dopo sulle industrie molitorie e, infine, sui consumatori stessi.

I rischi. Il punto di vista delle imprese

Molino Moras, impresa molitoria a conduzione famigliare attiva da più di cent’anni in Friuli-Venezia Giulia, sottolinea quanto sia necessario intervenire tempestivamente per arginare la pericolosa situazione del settore molitorio, già in difficoltà a causa dell’aumento del costo dell’energia, delle materie prime, dei trasporti, della carta, degli imballaggi e così via.

«La farina è sempre stata considerata un prodotto scontato, perennemente disponibile, e si è sempre pensato che ai molini spettasse “solo” il semplice compito di produrla. Niente di più sbagliato. Le marginalità su un bene così importante come la farina sono davvero basse e in un momento così critico per il nostro Paese e per i piccoli molini, la produzione degli sfarinati rischia di diventare un’attività non sostenibile, anche se è quello per cui sono nati», spiega Anna Pantanali.

Senza farina che ne sarà della dieta mediterranea? Un’eventualediminuzione di attività molitorie rischierebbe di trasformare il mercato in un oligopolio e la farina in un prodotto sempre più standardizzato.

Le previsioni stimano un aumento complessivo dei costi dell’80% rispetto al 2021 e, senza politiche generali in grado di sostenere le piccole imprese molitorie, si attendono due principali scenari: diversificare la produzione, oppure rischiare una crisi irreversibile.

Occorre dunque rivalutare il prima possibile il valore della farina.

Le strategie possibili

La produzione della farina non ha mai permesso alcuna marginalizzazione e la maggior parte delle aziende molitorie riuscivano a guadagnare producendo grandi quantità.

Un’altra strategia, anche se meno seguita, consiste nel puntare sulla qualità e non sulla grande quantità del prodotto finito, permettendo la produzione di un prodotto più diversificato e sartoriale. In quest’ottica si è mosso Molino Moras, che nel 2022 immaginava di colmare il gap creato dalla crisi Covid, ma, a causa del perdurare della situazione di crisi, ha subito un’ulteriore revisione delle tempistiche dei progetti futuri.

I problemi che affliggono le piccole realtà sono perlopiù gli stessi e, sebbene alcune aziende riescano a trarre beneficio da posizioni geografiche strategiche sfruttando eventuali turbine o energie rinnovabili, i piccoli molini sono consapevoli del fatto che macinare la materia prima non faccia più la differenza e che sia necessario investire in settori e progetti innovativi e all’avanguardia.

«Per contrastare le conseguenze provocate da questa crisi, una soluzione sarebbe quella di tornare ad affidarsi ai molini locali, che però negli ultimi anni sono andati via via sparendo –precisa Pantanali – Se vogliamo continuare a esistere, l’unico modo è essere lungimiranti e investire nella qualità del proprio prodotto, nella diversificazione e nell’apertura a collaborazioni. Pensiamo sia un momento storico in cui fare rete con realtà che lavorano sull’aspetto sociale e pongono grande attenzione al tema della sostenibilità».

E conclude: «Una cosa è certa, la farina è un elemento preziosissimo dell’alimentazione umana e forse è stato data per scontato per troppo tempo, così come la coltivazione di grano tenero. Temi trascurati o minimizzati per troppo tempo all’interno dei piani di sviluppo agricolo (per lo meno regionali ed italiani) con un progressivo abbandono delle superfici coltivate. Credo nella digitalizzazione, nell’agricoltura 4.0 ma forse dovremmo rimettere il focus su ciò che è necessario e quindi maggiore quantità di alcuni cereali ma sempre affiancata da qualità, sicurezza alimentare, consapevolezza di che cosa si produce, come si produce e quali sono gli impatti nel lungo periodo».

Letizia Ceriani

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