Covid-19, un’impresa su due aperta per garantire cibo

Tra le aziende che non hanno chiuso i battenti in Italia, circa il 50% lavora per garantire le forniture di cibo alla popolazione. Le realtà sono oltre un milione divise tra: 740mila aziende agricole; 70mila industrie alimentari e 230mila punti vendita.

Questo, in sintesi, è quanto emerge da una analisi della Coldiretti sugli effetti dei Dpcm dell’11 e del 22 marzo sulle base dei dati Istat. Complessivamente non sono state sospese le attività di poco meno di 2,3 milioni di unità produttive.

La filiera alimentare continua a operare con 3,6 milioni di persone. Il valore dai campi agli scaffali – sottolinea la Coldiretti – è di 538 miliardi di euro, il 25% del Pil.

Un sistema che poggia sull’agricoltura nazionale che si classifica al primo posto, a livello comunitario, per numero di imprese e valore aggiunto.

“L’Italia – riferisce la Coldiretti – è il primo produttore Ue di riso, grano duro e vino e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea. Anche per quanto riguarda la frutta l’Italia primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele alle pere fino alle ciliegie e alle uve da tavola”.

“L’emergenza Coronavirus che ha ridotto gli scambi commerciali sta facendo emergere la consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza” afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini. “L’Italia, che è il Paese con più controlli e maggiore sostenibilità, ne potrà trarre certamente beneficio ma occorre invertire la tendenza del passato a sottovalutare il potenziale agricolo nazionale”, conclude Prandini.

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