Unicredit: “Dopo un 2020 difficile, il vino tornerà a crescere nel 2021”
Il valore della tradizione e della qualità unite a un cambio di approccio ai nuovi mercati e modelli di consumo, con particolare attenzione alla digitalizzazione del commercio, consentiranno un graduale ritorno alla normalità entro fine anno.
Il secondo tema è relativo ai canali di trasmissione, tenendo conto che la produzione vinicola attualmente si divide tra mercato domestico (45%) ed export (55%). Il mercato interno è atteso in contrazione, a seguito delle gravi difficoltà dell’horeca.
Anche la spesa delle famiglie è attesa in contrazione, a seguito della diminuzione del reddito disponibile e della conseguente ridefinizione delle priorità personali di acquisto a favore di beni ritenuti più essenziali. Elevati i rischi di cali delle vendite anche sui mercati esteri, a seguito del crollo della domanda globale e delle diverse velocità di ripresa di ciascun Paese. A livello mondiale, l’OIV stima una caduta delle vendite del 35% (-50%in valore). Per l’Italia, un fattore di amplificazione del rischio export è la forte concentrazione dei mercati di sbocco del settore.
Oltre il 50% delle vendite oltre confine è concentrato in tre paesi: in particolare, si osserva che due di essi – Stati Uniti e Regno Unito – consumano vino principalmente nell horeca. In generale, i rischi risultano più elevati per i vini di gamma medio-alta e l’export.
Tra le imprese, risulteranno meno esposte quelle che dispongono di un portafoglio ampio di prodotti, che possono contare su più canali di vendita e sbocco.
In generale, il settore non arriva male alla sfida della pandemia, potendo contare su una buona situazione di solvibilità. Si segnala però la possibilità di tensioni o crisi di liquidità specifiche, soprattutto tra le realtà più piccole e meno strutturate.
Guardando invece alla ripartenza, anche questa crisi imporrà la ricerca di nuovi modelli imprenditoriali intorno ai temi più strategici per il settore, come la filiera.