Parmigiano Reggiano, in aiuto i casari pensionati
Il Consorzio del Parmigiano Reggiano mette in atto una strategia anticoronavirus per la filiera. A disposizione dei caseifici in difficoltà una banca dati di casari in pensione ed ex addetti alla produzione che possono essere richiamati in servizio.
Il Consorzio del Parmigiano Reggiano sta coordinando una rete per coinvolgere ex casari, almeno temporaneamente, e far fronte alla carenza di organico dovuta ai contagi salvaguardando, così, la produzione.
Infatti, se dal punto vista operativo non ci sono problemi nel trasporto del latte e nella produzione del formaggio, una potenziale criticità riguarderebbe il personale.
Sono 2.820 i produttori che conferiscono il latte ai caseifici del Parmigiano Reggiano e, da disciplinare, sia i primi che i secondi devono essere situati all’interno della zona d’origine. Se si considerano le persone impegnate nella filiera il numero supera quota 50mila.
“La quasi totalità dei nostri 330 caseifici si trova in province fortemente colpite da Covid-19 come Reggio Emilia, Parma, Modena, Mantova. È impensabile sperare di restare immuni”, afferma il Presidente del consorzio Nicola Bertinelli.
Il Parmigiano Reggiano Dop, per questo motivo, chiede al ministero delle Politiche Agricole e all’Ue una deroga al disciplinare, “per consentire maggiore flessibilità ai tempi e vincoli di lavorazione al fine di evitare la chiusura di caseifici e allevamenti”.
Nel 2018 la produzione di Parmigiano Reggiano ha impiegato 1,92 milioni di tonnellate di latte pari al 15,9% dell’intera produzione italiana.
I mercati esteri sono di primaria importanza per la Dop. Il giro d’affari al consumo ha raggiunto i 2,4 miliardi di euro, per il 60% sul mercato italiano e per il 40% internazionale.
Francia e Stati Uniti sono i maggiori importatori di Parmigiano, seguiti da Germania, Regno Unito e Canada.
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