Made in Italy alimentare sempre più in mani straniere

Con l’acquisizione da parte di Associated British Foods (Abf) di Acetum, principale produttore italiano di Aceto Balsamico di Modena Igp, si riaccende il dibattito sul futuro del Made in Italy. Coldiretti sottolinea che oggi tre marchi storici italiani del settore alimentare su quattro sono in mani straniere, un trend che “negli anni scorsi ha visto pezzi importanti del Made in Italy a tavola venduti a gruppi esteri”, spesso multinazionali.

L’ultimo è stato il passaggio di Birra Peroni dal gruppo sudafricano Sab Miller ai giapponesi di Asahi, mentre lo scorso anno c’è stata la vendita della catena di gelaterie torinesi Grom alla multinazionale Unilever e il colosso Ab Inbev ha comprato l’artigianale Birra del Borgo.

Alla fine del 2014 la maggioranza del Gruppo oleario toscano Salov, proprietario dei marchi Sagra e Filippo Berio, è passata nelle mani del gruppo cinese Yimin, una sussidiaria di Bright Food. Sempre nel 2014, l’antico Pastificio Lucio Garofalo ha siglato un accordo preliminare per l’ingresso nella propria compagine azionaria, con il 52 per cento del capitale sociale, di Ebro Foods, gruppo multinazionale spagnolo che opera nei settori del riso, della pasta e dei condimenti, quotato alla Borsa di Madrid. Bertolli, Carapelli e Sasso sono entrate a far parte del fondo statunitense CVC Capital Partners.

Nel 2013 c’è stata la cessione da parte della società Averna dell’intero capitale dell’azienda piemontese Pernigotti al gruppo turco Toksoz, ma si è anche verificato il passaggio di mano del 25 per cento della proprietà del riso Scotti, ceduto dalla famiglia pavese al colosso industriale spagnolo Ebro Foods.

Nel business delle conserve vegetali, il brand Star è nell’orbita del gruppo spagnolo Galina Blanca, mentre AR Industrie Alimentari, tra i protagonisti della filiera del pomodoro del Sud Italia, è sotto il controllo della società anglonipponica Princes Foods, che fa capo al colosso Mitsubishi.

Il gruppo Galbani e Parmalat sono sotto il controllo del gigante francese Lactalis, di proprietà della famiglia Besnier. Ma anche i brand Invernizzi, Cademartori e Locatelli rientrano nel portafoglio di Lactalis.

Nel comparto dei salumi, Fiorucci è passata agli spagnoli di Campofrio e, a loro volta, sono stati acquisiti per l’81% dal conglomerato messicano Alfa, attraverso Sigma. Il gruppo brasiliano Jbs, big mondiale delle carni, controlla l’azienda valtellinese Rigamonti, specialista della bresaola.

Nel mondo del vino, lo scorso dicembre il produttore francese di Champagne Epi ha acquistato il controllo della cantina Biondi Santi, icona del Brunello di Montalcino, compresi 152 ettari di vigneti. L’imprenditore americano Kyle Krause ha conquistato i “Barolisti” Vietti ed Enrico Serafino. Il tycoon russo Roustam Tariko, re della vodka, ha rilevato lo storico spumante Gancia. La multinazionale americana Constellation Brands ha in portafoglio il 100% della Ruffino, oltre che un accordo di affitto ventennale dei terreni delle sette tenute di Ruffino.

Il Made in Italy alimentare è quindi soprattutto terra di conquista, ma anche le nostre imprese negli ultimi anni hanno fatto shopping sui mercati esteri. Nel 2016 c’è stata l’acquisizione della francese Carte Noire da parte di Lavazza, mentre Segafredo ha rilevato la portoghese Nuticafes. Ferrero ha comprato i biscotti della belga Delacre, il cioccolato della britannica Thortons, i cioccolatini americani Fannie May e le nocciole della turca Oltan. Nell’ultimo biennio Granarolo ha realizzato una dozzina di acquisizioni tra estero e Italia, Campari ha comprato Grand Marnier, Cremonini è impegnata nella campagna di acquisizioni di distributori internazionali mentre De Cecco ha rilevato il numero 1 russo della pasta, First Pasta.

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