L’export agroalimentare vale 41 miliardi di euro

ll made in Italy agroalimentare continua a crescere: 61 miliardi di euro di valore aggiunto, 1,4 milioni di occupati, oltre un milione di imprese e 41 miliardi di euro di esportazioni nel 2017. Questi in sintesi i dati che emergono dal rapporto sulla competitività dell’agroalimentare italiano presentato il 24 luglio, a Roma, da Ismea – Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare.

 

 

 

L’export del made in Italy agroalimentare, nell’Unione Europea, raggiunge quota 8% e, negli ultimi 5 anni, registra un aumento del 23%, sette punti percentuali in più della media europea. Anche per le esportazioni mondiali il dato è positivo: dal 2,9% al 3,1% tra il 2013 e il 2017.

 

 

 

Siamo di fronte a una filiera “ricca”, infatti, secondo il rapporto Ismea, l’Italia è il maggiore esportatore europeo di mele e uva (35%-36%), kiwi (47%), nocciole sgusciate (61%) e prodotti vivaistici (35%). I risultati migliori arrivano dall’industria alimentare: quasi 34 miliardi di euro nel 2017, pari al 9% del valore delle esportazioni di prodotti alimentari europei, +7,5% rispetto all’anno precedente. L’Italia è forte anche nella trasformazione degli alimenti risulta infatti il primo esportatore di pasta e di conserve di pomodoro con una quota del 65-66% dell’export Ue e il secondo di vini e olio d’oliva, al 27% e al 23%; con il 13%, è il quarto esportatore di formaggi e latticini.
 

 

Dalle analisi del rapporto emergono però ancora problemi legati agli squilibri strutturali della filiera. Secondo lo studio infatti il settore risulta ancora poco competitivo in termini di strutture aziendali, efficienza, tecnologia e produttività, quest’ultima fortemente penalizzata, con margini bassi in favore della logistica e della grande distribuzione.

 

Per quanto riguarda l’occupazione, il settore agroalimentare italiano dà lavoro a 1,38 milioni di persone, il 5,5% del totale dei lavoratori italiani, di cui 919.00 in agricoltura, silvicoltura e pesca, e 465.000 nell’industria alimentare, delle bevande e del tabacco.

 

 

“L’agroalimentare esce dal decennio di crisi con un ruolo più forte nell’economia italiana, dimostrando una grande tenuta economica e sociale nel corso della crisi e una buona capacità di agganciare la ripresa – ha sottolineato il direttore generale di Ismea, Raffaele Borriello -. I segnali positivi sono stati numerosi: crescita della produttività del lavoro, ripresa degli investimenti, capacità di declinare la multifunzionalità e la qualità, con primati sul fronte dell’agricoltura biologica e delle indicazioni geografiche Dop e Igp; ottimo andamento delle esportazioni, specie di quelle tipiche del made in Italy, quali vino e prodotti trasformati ad alto valore aggiunto”.

 

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