L’Italia rallenta nell’export di vino: serve diversificare

L’asse è passato dal Nord Europa al Nord America, il primo mercato per l’esportazione di vino italiano. “La vera sfida è allargarci in altri mercati, in primis la Cina e poi l’Est Europa”, afferma Denis Pantini di Nomisma

Secondo la ricerca di Nomisma Wine Monitor i tassi di crescita del vino italiano all’estero sono inferiori a quelli di cinque anni fa.

“Nei primi sei mesi del 2019 vediamo una crescita degli Usa, primo mercato di riferimento, dove l’import di vini è aumentato dell’8%, mentre l’Italia è cresciuta solo del 4%. La Cina è in sofferenza e anche qui l’export del vino italiano ne risente, mentre cresciamo in Giappone, a doppia cifra, e in Canada. Per il futuro l’obiettivo è certamente quello di diversificare i mercati”, osserva Denis Pantini di Nomisma Wine Monitor.

Il presidente di Federvini Sandro Boscaini ha osservato che “da tre o quattro anni purtroppo abbiamo una situazione di incertezza e instabilità internazionale che non aiuta il vino italiano. Con il fenomeno Prosecco e le bollicine più in generale abbiamo tamponato e siamo continuati a crescere ma i prodotti che ci hanno accreditati nel mondo anche se non calano sono stabili”.

Per fortuna ci sono gli Stati Uniti. L’Italia, infatti, alla fine degli anni Ottanta esportava in Usa un milione di ettolitri di vino, contro i 3 milioni di oggi in un processo che ha visto l’asse delle vendite all’estero di etichette italiane spostarsi dal Nord Europa (Germania in primis) al Nord America. Trent’anni fa il 56% dell’export made in Italy era fatto da vino sfuso e indifferenziato, una percentuale che oggi è scesa al 5%. Una sostituzione che è andata di pari passo con la valorizzazione del vino italiano passato sul mercato americano da poco più di un euro al litro ai 5,84 euro di oggi. Un valore ancora lontano dai 9,67 euro della Francia anche se il gap si è molto ridotto.

 

«Ma soprattutto – ha sottolineato il responsabile di Wine Monitor di Nomisma, Denis Pantini – l’Italia è stato negli ultimi 30 anni l’unico tra i top exporter mondiali di vino che ha visto costantemente crescere la propria quota di mercato negli Stati Uniti».

 

 

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