Food Industry Monitor: “Alimentare in ripresa, si prevede +6% annuo. La sostenibilità aiuterà”
Nel 2020 pesa l’effetto Covid-19 (-1%). L’Osservatorio sulle performance delle aziende italiane del settore alimentare pubblica la sua indagine annuale.
Lo scorso anno, il settore alimentare ha registrato una contrazione della crescita dell’1% (ROS 3,8%), rispetto al -8,9% dell’economia italiana. La flessione del settore è dovuta principalmente alla contrazione del segmento horeca e alla riprogrammazione degli investimenti in capacità produttiva. Ci sono buone notizie, però, per il futuro. Il 2021 e 2022, infatti, segneranno subito una ripresa, con una crescita prevista di poco inferiore al 6% annuo (ROS 6,8%). Si tratta di un tasso superiore alla previsione di crescita del Pil italiano (4,5/5%).
La ripresa riguarderà anche l’export che nel biennio 2021-2022 si prevede in aumento mediamente del 3%.
A crescere di più sono i comparti delle farine e del packaging, e quest’ultimo in particolare beneficerà della spinta del redesign sostenibile. Anche i settori del caffè e del vino saranno interessati da crescite importanti, trainate dalla forte ripresa del segmento horeca. Molto bene anche le previsioni per il comparto del food equipment, trainato dai nuovi investimenti stimolati dal piano di recovery.
Sono questi, in sintesi, i risultati del Food Industry Monitor, l’osservatorio di riferimento sul settore food italiano realizzato ogni anno dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, in collaborazione con Ceresio Investors. L’analisi valuta le performance delle aziende, l’evoluzione dei modelli di business e i trend di mercato nazionali e internazionali.
La settima edizione del Food Industry Monitor, quest’anno, è dedicata al rapporto tra performance economiche e scelte strategiche delle aziende agroalimentari in tema di sostenibilità e innovazione. Al convegno del 2 luglio ha partecipato una platea di imprenditori e manager del settore, che hanno puntato sul binomio innovazione e sostenibilità. Sono gli stessi che hanno contribuito a trasformare i rispettivi mercati di riferimento. Presenti anche operatori del mercato finanziario, rappresentanti del mondo istituzionale, ricercatori e operatori della comunicazione.
L’osservatorio ha valutato le performance di 854 aziende con un fatturato aggregato di 66 miliardi di euro. Si tratte del 75% di tutte le società di capitale operanti nel settore.
Sono stati presi in esame 15 comparti, per ciascuno dei quali è stato selezionato un campione, rappresentativo dell’offerta, costituito da aziende di medie e grandi dimensioni, con sede strategica e operativa in Italia, nel periodo 2009-2020, facendo riferimento a quattro profili: crescita, redditività, produttività e struttura finanziaria. I comparti analizzati sono: acque minerali, birra, caffè, conserve, distillati, dolci e prodotti da forno, farine, food equipment (attrezzature), packaging, prodotti lattiero-caseario, olii, pasta fresca e secca, derivanti della carne, surgelati, vino.
Dall’analisi si rileva che l’81% delle aziende intervistate si ritiene sostenibile e il 56% ha già messo in atto una strategia di sostenibilità. Il 78% ha nella propria gamma uno o più prodotti sostenibili, ma la scelta non si limita ai processi produttivi: il 54% è intervenuto sul packaging e il 44% valuta la sostenibilità anche dei propri fornitori, nel momento in cui li seleziona. Inoltre, il 74% delle aziende ritiene che attuare una strategia di comunicazione sul tema abbia un impatto positivo sulle vendite, nonostante il 63% ritenga che processi produttivi sostenibili implichino un aumento dei costi aziendali.
Alessandro Santini (nella foto), head of corporate & investment per Ceresio Investors, ha portato la sua esperienza sulle operazioni M&A in ambito food&beverage, per chiarire fino a che punto, e in che modo, queste possono rivoluzionare il business di settore.
“Un dato particolarmente significativo è quello relativo agli investimenti – ha spiegato Santini -. Ben il 93% delle aziende dichiara di aver realizzato negli ultimi cinque anni investimenti in sostenibilità e l’80% effettuerà ulteriori investimenti nei prossimi tre anni. Mediamente le aziende italiane hanno incrementato i propri investimenti in sostenibilità del 38,8% negli ultimi cinque anni”. Questo non fa che testimoniare l’inizio di un trend di cambiamento strutturale.
“Per il nostro Gruppo bancario queste attività rappresentano la punta di diamante”, ha commentato Gabriele Corte, direttore generale Ceresio Investors.“Rappresentano uno dei settori a cui puntiamo maggiormente per investimenti e operazioni di finanza straordinaria”.
“Le aziende che hanno una strategia di sostenibilità formalizzata, che hanno incrementato gli investimenti in sostenibilità negli ultimi 5 anni e che comunicano in modo efficace le proprie scelte hanno performance di crescita decisamente superiori”. Le realtà che hanno investito in sostenibilità hanno un approccio proattivo all’innovazione, in particolare di processo, e questo si riflette sulle performance di crescita, sia nel medio periodo sia nel lungo periodo”, ha osservato Carmine Garzia, responsabile scientifico dell’Osservatorio, docente di Economia Aziendale presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
Nel 2021, la marginalità commerciale (ROS) crescerà, attestandosi su valori intorno al 6,8% entro il 2022. Il ROIC, che ha segnato un -5,6% nel 2020, registrerà valori sostanzialmente positivi nel 2021 e nel 2022 pari, rispettivamente, a 10,7% e 10,8%. La struttura finanziaria delle aziende, sulla quale ha pesato la crisi del 2020 ritornerà rapidamente a valori ante Covid19. Nel biennio 2021-2022, le esportazioni del settore agroalimentare riprenderanno a crescere con un tasso cumulato del 6%. I comparti che esporteranno con valori sopra la media di settore saranno birra, packaging, acqua e dolci. I comparti dei distillati, del latte, dei salumi e del vino esporteranno con valori nella media di settore. Conserve, pasta, olio, caffè e food equipment registreranno una progressione più limitata nella crescita dell’export.