Le startup agrifood sostenibili sono 1808 nel mondo, +56%

Un quarto delle 7.120 startup agrifood censite nel mondo persegue obiettivi di sostenibilità. Si tratta soprattutto di produzione e consumo responsabili, lotta alla fame e crescita economica sostenibile e inclusiva. Complessivamente hanno raccolto 5,6 miliardi di dollari di finanziamenti. Italia dodicesima con 22 startup agrifood sostenibili e 23 milioni di dollari raccolti.

Nell’anno dell’emergenza sanitaria continua a crescere il fermento innovativo del settore agroalimentare. Si è verificato un vero e proprio boom di nuove imprese che propongono soluzioni di economia circolare e perseguono uno o più degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) fissati dall’Agenda 2030 dell’ONU. Sono 1.808 le startup agrifood sostenibili nate a livello internazionale fra il 2016 e il 2020. Si tratta del 56% in più delle 1.158 censite lo scorso anno e il 25% del totale delle startup dell’agroalimentare (7.120). Il 40% ha ottenuto almeno un finanziamento, per un totale di 5,6 miliardi di dollari raccolti. La media è di circa 7,7 milioni di dollari.

Gli SDG prioritari per le startup sono la transizione a sistemi di produzione e consumo più responsabili (SDG 12), dove si concentra il 35% delle soluzioni proposte dalle nuove imprese, la lotta alla fame (SDG 2) con il 21% e la crescita economica sostenibile e inclusiva (SDG 8) con il 17%.

Norvegia, Israele e Uganda sono i Paesi con la più alta percentuale di nuove imprese agrifood che perseguono obiettivi di sostenibilità.

L’Italia si colloca solo in dodicesima posizione con 22 startup sostenibili sulle 76 nuove imprese agrifood censite. Si tratta, però, di 15 startup sostenibili in più e 23 milioni di dollari di investimenti raccolti. Il tutto è pari a un finanziamento medio di un milione di dollari.

Fra le imprese del comparto della trasformazione si diffondono pratiche di economia circolare per prevenire gli sprechi alimentari e migliorare la gestione delle eccedenze generate, fra cui la programmazione flessibile della produzione, la migliore previsione della domanda e la ridistribuzione per il consumo umano. Crescono l’interesse e gli investimenti nel packaging sostenibile, in grado di “parlare” ai diversi attori della filiera promuovendo comportamenti virtuosi, condividendo informazioni lungo i diversi stadi della filiera e facilitando alcune attività logistiche. E si riscopre il ruolo delle filiere corte sostenibili, che sfruttano la prossimità geografica, relazionale e informativa per accorciare le distanze fra produttori e consumatori. A questo si aggiunge la possibilità di ridurre le diseguaglianze di redditi fra piccoli produttori e grande distribuzione.

Questo secondo i risultati della ricerca dell’Osservatorio Food Sustainability della School of Management del Politecnico di Milano*.

 

SHARE