Food Business, il virus del cambiamento
L’emergenza lancia il digitale e il delivery. Ecco come la pandemia di Covid-19 sta influendo sul settore agroalimentare e sulla ristorazione. Gli operatori travolti dalla crisi reagiscono così
“C’era una volta…”, così mi piacerebbe iniziare quest’articolo. Un racconto al passato vorrebbe dire che l’emergenza sanitaria provocata dal Covid-19 è stata superata. Invece no, siamo nel pieno di una pandemia che, da un mese, sta mescolando tutte le carte dell’economia nazionale e internazionale.
In questo Monopoly c’è chi salta il turno, come bar, pub, ristoranti costretti ad abbassare le serrande, chi invece continua tra imprevisti e probabilità, come i supermercati presi d’assalto, e chi invece comincia a incassare, come le botteghe, magari su vicolo stretto, e le startup del delivery, che possiedono l’ambito parco della vittoria.
E se la gdo cresce ma arranca nel digitale, i ristoranti chiudono, gli chef diventano le “massaie” di Instagram, e le degustazioni di vino non si fanno in cantina ma via Skype.
La vita reale rallenta e quella virtuale va avanti spedita, in pochi clic e da uno smartphone. Si è entrati, con un colpo di bacchetta, nel mondo digitale e ora si deve fare i conti con gli scarsi investimenti nell’online e abituarsi molto più in fretta al cambio di passo.
La Cantina di Franco
La paralisi della ristorazione
La situazione odierna ha paralizzato il settore enogastronomico e tra i più colpiti c’è la ristorazione. Le associazioni di categoria lanciano l’allarme. Fiepet Confesercenti, la federazione italiana degli esercenti pubblici e turistici, ha stimato l’impatto subìto: in soli dieci giorni bar e ristoranti delle sei regioni più colpite dal virus avevano perso 212 milioni di euro di fatturato. Numeri in continuo aumento che stanno mettendo in ginocchio le piccole realtà, meno strutturate e familiari.
«Viviamo una doppia tragedia, quella sanitaria e quella economica. Siamo di fatto costretti a chiudere la maggioranza delle aziende. Gli incassi sono ridotti al lumicino», ha affermato il presidente Giancarlo Banchieri, a seguito dell’emergenza coronavirus che di fatto ha azzerato i fatturati dei bar.
Secondo il Centro Studi di Fipe, il settore della ristorazione perderà oltre 10 miliardi di euro nel primo trimestre 2020. All’importo si aggiungerà un’ulteriore passività, nel secondo trimestre, a cui seguirà una ripresa nel seconda parte dell’anno. La Federazione Italiana Pubblici Esercizi stima un conto salato e una perdita complessiva, per il settore, di 8 miliardi di euro di fatturato.
«Un locale deserto non si traduce solamente in un immediato e drastico calo di liquidità, ma comporta conseguenze ben più allarmanti sul lungo periodo, come il ridimensionamento del personale, il taglio a tutti i budget allocati per lo sviluppo dell’attività e, in alcuni casi, la possibilità di chiudere battenti», spiega Lorenzo Ferrari, fondatore di RistoratoreTop, azienda di consulenza e formazione specializzata nel marketing che rappresenta 30mila ristoratori.
«Molti gestori stanno implementando il delivery per provare a far fonte a tracollo verticale dei fatturati che nessuno poteva immaginare», spiega Ferrari.
The Friends Pub
Ed è proprio nella Milano che non si ferma che i big del settore come JustEat, Uber Eats e Glovo diventano essenziali e gli esercizi commerciali con cui collaborano mettono in atto nuove strategie.
Più delivery per tutti
Numeri alla mano, le richieste di consegna a domicilio, soprattutto della spesa, sono in continuo aumento, tanto da sfiorare un incremento degli ordini dell’80%, rispetto allo scorso anno.
Il coronavirus ha accelerato gli acquisti online in modo esponenziale e l’e-commerce è diventato ilprotagonista indiscusso. La spesa online è, infatti, tra i Google trends del momento da ormai diversi giorni consecutivi. La situazione è esplosa soprattutto a Milano, dove il sito di Esselunga è andato in crash. Il surplus di richieste ha messo ko anche le più navigate Amazon Prime Now, Supermercato24 o Cortilia.
«In questo periodo gli ordini sono raddoppiati e il traffico sul sito e sull’app è decuplicato rispetto al solito», afferma Federico Sargenti, ceo di Supermercato24.
«Le richieste di questi giorni — spiega il ceo di Esselunga Sami Kahale — portano il nostro mercato online sopra al 20% del totale, cinque volte rispetto al normale». Con tempi di consegna che possono superare le due settimane.
Questo dimostra che la gdo non è pronta. E se è vero che nella settimana da lunedì 2 a domenica 8 marzo il trend delle vendite online di prodotti di largo consumo è stato del +82,3%, secondo i dati Nielsen, è altrettanto evidente che il settore si impreparato alla sfida del web.
di francesca corradi
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