Dalla piadina all’ossobuco, l’onda di Sisti

Con un’esperienza di oltre dieci anni, anche in ristoranti stellati, e dopo i viaggi in Australia e Bali per cavalcare l’onda perfetta a bordo della sua tavola da surf, lo chef riccionese ha deciso di fermarsi all’ombra della Madonnina. Rispetto e libertà sono le sue parole d’ordine, che valgono in cucina, nello sport e nella sua vita, valori che ha portato anche nella sua nuova avventura gastronomica. Da quando Federico Sisti è alla guida della cucina de Il Ronchettino, ai classici del capoluogo lombardo, si è aggiunta una seconda lista, i “Fuori Milano”, che si ispirano alla sua Romagna.
La ventata di novità portata da Sisti ha contribuito a fare dell’antica osteria con specialità milanesi l’insegna più votata da 70 chef e dagli utenti di The Fork, in un progetto di scouting ideato dalla piattaforma con l’intento di valorizzare la dinamicità della ristorazione italiana e che ha allargato esponenzialmente la sua clientela.

Lo chef Sisti ha raccontato a MAG l’importanza di “arrivare alla gente” attraverso la sua cucina trasmettendo ai commensali, attraverso i suoi piatti, l’amore e la passione dei produttori italiani che seleziona personalmente. La vera forza della cucina italiana.

Il Ronchettino ha più di vent’anni di storia: la famiglia Meazza-Angiolillo negli Anni Novanta ristrutturò la cascina seicentesca nella periferia cittadina trasformandola nella “bomboniera” gourmet che è oggi. Nel 2017 Patrizia Meazza ha lasciato le redini ai figli, Alessia e Francesco, per dedicarsi alla società di proprietà Phil Bar, specializzata nella gestione di bar scolastici.

 

Dalla piadina all’ossobuco. Raccontaci la tua storia…
Dopo oltre dieci anni in ristoranti di un certo livello – in Italia e all’estero – di cui gli ultimi quattro a Riccione, mi sono trasferito a Milano per amore. La ricerca di una nuova cucina in cui intraprendere la mia nuova avventura è durata pochissimo, grazie all’aiuto del mio caro amico Diego Rossi (ex collega al ristorante del Bauer Palazzo a Venezia e ora proprietario del Ristorante Trippa). Sono entrato in punta di piedi al Ronchettino, prima da consulente e ora nelle vesti di chef executive.

Come è andata?
Mi hanno subito accolto a braccia aperte e ora li considero la mia seconda famiglia (siamo in dieci tra sala e cucina). Primo chef dopo i vent’anni di Patrizia dietro i fornelli, mi è stata data fin da subito libertà e carta bianca: ho rimodulato la mia cucina in una filosofia da osteria con cotture e preparazioni non troppo futuristiche e da “stellati”, abbandonando l’uso del sottovuoto e concentrandomi ad esempio sui fondi di cottura.

Qual è la tua filosofia in cucina?
La mia vuole essere “una cucina per tutti”. Il mio obiettivo è lavorare in maniera serena e soddisfare il cliente grazie alla “sincerità del piatto”. Non sono nazionalista ma l’Italia me la porto nel cuore e cerco ogni giorno di valorizzare i preziosi prodotti che solo il nostro territorio è in grado di offrire. In quest’ultimo anno ho investito molto tempo nella ricerca di nuovi fornitori, confrontandomi quotidianamente con i colleghi e visitando personalmente le aziende, insieme alla proprietà del Ronchettino.

Quanto è importante questa parte del lavoro?
È fondamentale per me conoscere le materie prime, dove e da chi vengono prodotte, per poterne così esaltare le caratteristiche una volta entrato in cucina facendo da tramite tra produttori e clienti. Tra le realtà che mi hanno piacevolmente stupito durante il mio scouting c’è la Riserva San Massimo, un’oasi di biodiversità all’interno del parco del Ticino dove nasce il vero Carnaroli che uso per i miei risotti.

Le tue passioni sono la cucina e il surf, cosa le accomuna?
Così diversi ma così uguali entrambi…

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