Celiachia e ristoranti

*di alessandro klun

Un piatto con glutine somministrato a un celiaco: può configurarsi una responsabilità in capo al ristoratore?

Preliminarmente va osservato che la legge 4 luglio 2005, n. 123 dal titolo “Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia qualifica la celiachia, come una “intolleranza permanente al glutine, riconosciuta come malattia sociale” che può provocare reazioni immunitarie gravi.

Ciò si verificato in danno di una bambina celiaca che, recatasi ad una festa in un ristorante con la propria famiglia, concludeva la serata recandosi al pronto soccorso per assunzione di cibo con glutine. 

L’evento dannoso, come accertato e dimostrato nel corso del giudizio che i genitori della minore instauravano nei confronti del titolare del ristorante, accadeva per errore di comunicazione fra gli addetti di sala che avevano servito alla bimba un piatto di pasta “normale”, mentre al momento della prenotazione era stato concordato un menu senza glutine con il gestore del locale. 

La conseguenza del comportamento del ristoratore è stata la condanna al pagamento di 2 mila euro di risarcimento a titolo di danno contrattuale ed extracontrattuale oltre le spese di giudizio (G.D.P. di  Mestre, sentenza 406/2013).

Analoga situazione si era verificata nel corso di un pranzo di nozze anteriormente al quale veniva fatto presente dalla sposa alla società organizzatrice dell’evento che la stessa soffriva di celiachia e che, conseguentemente, i piatti a lei destinati dovevano essere preparati con ingredienti gluten free.

A tale scopo la parti convenivano che tali ingredienti venissero consegnati dalla sposa direttamente alla società di banqueting,  la quale avrebbe provveduto a cucinarli, esclusa la torta la cui preparazione veniva affidata ad un pasticcere di sua fiducia. Concordemente individuavano alcuni referenti prescelti dalla sposa  onde evitare il verificarsi di situazioni pregiudizievoli per la sua salute conseguenti alla somministrazione di pietanze inidonee. 

Tuttavia, il giorno del matrimonio il padre della sposa consegnava la torta nuziale direttamente in cucina senza avvalersi dei succitati referenti: giunti al dolce un cameriere offriva alla sposa una fetta di torta differente da quella senza glutine per lei preparata. 

Accortasi dell’accaduto la sposa, dopo averla ingerita, si  provocava il rigurgito onde evitare l’insorgenza dei sintomi legati alla propria patologia. 

Nel successivo giudizio instaurato dalla società di banqueting per ottenere il residuo del corrispettivo pattuito per l’organizzazione del pranzo si costituiva la sposa danneggiata la quale, chiesto il rigetto delle domande avverse.

Il Giudice adito concludeva per la risoluzione del contratto, per inadempimento della stessa società, e per il risarcimento del danno sofferto dalla sposa costituito dal malessere conseguente all’assunzione della torta che la costringeva a trattenersi a letto anche durante la prima settimana del viaggio di nozze (Tribunale di Monza, sentenza 08.02.2007). 

Sul tema è intervenuta anche la Corte di Cassazione (sentenza n. 5890 del 21.12.2018 resa dalla IV sezione penale) che ha ritenuto integrare gli estremi dell’omicidio colposo ex art. 589 c.p., qualora si verifichi la morte del suo cliente, la condotta del ristoratore che, pure informato di una allergia alimentare di quest’ultimo, per noncuranza, imprudenza o imperizia somministra comunque alimenti che contengano sostanze a cui è allergico.

In conclusione, coloro che svolgono attività di somministrazione alimentare non solo devono prestare la massima professionalità nella generalità dei casi quando servono i pasti alla clientela, ma sono chiamati innalzare la soglia dell’attenzione specie quando si tratta di clienti portatori d’intolleranze o allergie. 

In altro modo la cena al ristorante, il pranzo di lavoro o la colazione al bar per un celiaco possono costituire un ostacolo insormontabile. 

*a cena con diritto

Letizia Ceriani

SHARE