Antonello Colonna, il ristoratore che fa impresa

L’oste romano traghetta Open a Milano. Apre un’insegna gastronomica nel distretto finanziario-legale a due passi dal Duomo. Entro il 2019 raddoppia a Roma

Non chiamatelo imprenditore e nemmeno chef. Antonello Colonna (nella foto, al centro) si definisce un ristoratore che fa impresa e vuole parlare di cibo, non di food. Appassionato di cultura territoriale e con 36 anni di carriera alle spalle, iniziata nel ristorante di famiglia, il professionista ha fatto dell’accoglienza e dell’ospitalità i suoi pilastri diventando un’icona nel panorama gastronomico italiano. L’oste esordisce con Open Colonna Milano, al civico 8 di via Bassano Porrone, in un palazzo moderno, nel cuore di Cordusio, che ospita anche un importante studio legale internazionale.

Dopo il resort con spa, nel mezzo della campagna di Labico, il bistrò nel più grande scalo aeroportuale d’Italia e l’avventura, durata quasi 12 anni, nell’attico del Palazzo delle Esposizioni a Roma – che ha ridato slancio e dignità alla ristorazione museale italiana – Colonna si affaccia sulla scena milanese con un format del tutto inedito che tiene conto dei ritmi di una città cosmopolita e internazionale. Al suo fianco due soci: il restaurant manager Simone Dimitri (nella foto, a sinistra) e l’imprenditore Emanuele Sala (nella foto, a destra).

 

 

Seduto al tavolo del nuovo locale, senza mai dare le spalle alla cucina, Colonna racconta a MAG la nuova avventura da protagonista confermando, inoltre, l’imminente trasloco di Open Colonna da via Nazionale alla stazione ferroviaria di Roma Termini.

 

Cos’è per lei la ristorazione?
Sono cresciuto in una famiglia che da cinque generazioni lavora in questo settore perciò io mi sento un ristoratore, un oste: una “razza” in via d’estinzione. Il cibo è odio e amore. Quella del ristoratore è una vita piena di sacrifici, d’impegno, una sorta di missione d’amore: mio padre sperava tanto non seguissi le sue orme. Per dirla in gergo calcistico è più complicato di un campionato perché ogni giorno è una finale di coppa dei campioni: in una sera può andare in fumo il lavoro di una vita.

 

Cos’è successo al settore?
Abbiamo perso di vista l’antropologia, la storia, non abbiamo avuto testimoni. L’informazione ha scavalcato l’istruzione e il cibo è diventato un karaoke tra i dilettanti, una leggenda.

Cosa manca?
In Italia non esiste una sola scuola di cucina.

Perché, secondo lei?
La domanda è superiore all’offerta e non esistono professionisti all’altezza per insegnare.

E gli istituti alberghieri?
Negli ultimi vent’anni si sono moltiplicati: quelli romani sono passati da quattro a trenta, con presenze fino a mille studenti per scuola. Il conto è presto fatto, si tratta di circa 30mila persone.  Se potessi farei istituire un liceo alberghiero per insegnare la storia del cibo prima che l’esecuzione.

Qual è il compito del cuoco?
Dobbiamo generare qualcosa, dargli un volto, d’altronde il cibo è l’unico piacere che si ripete tre volte al giorno. Gli ingredienti sono come le note per i musicisti: sta al cuoco trasformarli in armonia.

 

Come un direttore d’orchestra il cuoco deve assemblare le materie prime per creare uno spartito in cui tutti gli ingredienti hanno la stessa importanza.

 

 

A proposito di prodotti lei è anche un contadino…
Sì, ho un mio orto dove coltivo verdure tra cui i pomodori Torpedino, tracciati con il sistema blockchain della startup Posti che consente al consumatore di avere una visione chiara, trasparente e senza intermediari di ciò che avviene dal campo alla tavola.

Cos’è Open Colonna Milano?
Uno spazio confortevole per tutti i momenti della giornata dove voglio portare piatti saporiti e rassicuranti della mia origine contadina, che affonda le mani nell’orto e nelle aie.

Chi sono i professionisti operativi nel nuovo progetto?
La brigata di cucina è composta da milanesi “allevati a Labico”, così come l’executive chef Alessio Sebastiani (nella foto a fianco, a destra), classe ’90, metà pugliese e metà veneto, proveniente dal ristorante di Identità Golose Milano. Il bar è affidato a Mattia Battistelli, 25 anni, già head bartender del Gruppo Mag, mentre la gestione della sala compete a Devis Giuliano, classe ’88, già restaurant manager della Greenhouse e del Bibendum di Londra.

So che non le piacciono gli inglesismi. Come mai ha scelto di mantenere il nome Open?
Open Colonna è…

di francesca corradi

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