Agroalimentare: Italia terza per startup sostenibili
Nel 2018 la sostenibilità è un tema sempre più rilevante nell’agenda strategica degli attori economici.
Non è più sufficiente la lotta agli sprechi nel piatto ma è fondamentale coinvolgere l’intera filiera dell’agroalimentare: dagli agricoltori e allevatori all’industria di trasformazione, dagli operatori logistici fino alla gdo e ai consumatori finali. L’Italia, negli anni, ha investito in questa direzione e risulta oggi terza al mondo per densità di nuove imprese agri-food sostenibili, lo conferma la prima survey dell’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano che è partita proprio da un censimento globale delle nuove imprese con obiettivi dichiarati di sostenibilità socioambientale ed economica nell’agroalimentare.
Dallo studio emerge come i modelli di business prevalenti si concentrano sulla proposta di soluzioni innovative per un uso più efficiente delle risorse, sull’introduzione di filiere corte o sull’utilizzo di materiali naturali nella produzione. Tra i casi di maggior successo spiccano infatti le aziende che hanno messo a punto soluzioni circolari per ridurre lo spreco di cibo, ottimizzando i processi e rafforzando la responsabilità sociale d’impresa.
La ricerca ha riguardato startup, italiane e non, create tra il 2012 e il 2017 con obiettivi dichiarati di sostenibilità sociale, ambientale ed economica nell’agroalimentare. Ne sono state rilevate 399, pari al 20% circa delle 2.026 startup mondiali censite come attive nell’agrifood.
Con il 37%, su un totale di 38 newco agroalimentari, l’Italia figura tra i Paesi con la maggior incidenza di startup agrifood sostenibili, alle spalle di Israele (28 startup agrifood, di cui il 64% sostenibili) e Spagna (29 startup, di cui il 38% sostenibili). Lo sviluppo delle newco italiane è però ostacolato dalle limitate risorse finanziarie a disposizione, circa 300mila dollari in media.
Delle 399 startup agrifood sostenibili una buona parte è costituita perlopiù da fornitori di servizi e di tecnologia. Il 47% sono fornitori di software e app per il retail o di servizi di consulenza su tematiche di sostenibilità, il 16% sono produttori di tecnologie per l’agricoltura di precisione e il 13% si occupano di food processing per cibo locale, healthy o a minor impatto ambientale.
“Le startup giocano un ruolo sempre più decisivo nel promuovere soluzioni innovative e nuovi modelli di business per lo sviluppo sostenibile del settore agroalimentare – dice Paola Garrone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability -, in particolare confermano la crescente importanza della tecnologia come fattore abilitante. Le giovani imprese nascono come luoghi di sperimentazione delle innovazioni per la sostenibilità, in grado di apportare nuove conoscenze e competenze anche a contesti già strutturati. Tuttavia, occorre ancora dimostrare la solidità economica e la scalabilità di queste nuove soluzioni, che devono essere messe a sistema per generare un impatto significativo nel lungo periodo. In Italia inizia ad esserci un fermento innovativo alimentato da un numero crescente di startup orientate alla sostenibilità, che però fanno fatica, almeno per ora, a raggiungere la stabilità economica e la scalabilità del proprio business”.
“Il food rappresenta un buon esempio – Alessandro Perego, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale e Responsabile scientifico dell’Osservatorio – di quanto sia rilevante una strategia di sostenibilità in una supply chain. Per questo Osservatorio, nel Politecnico si sono via via aggregati colleghi di vari dipartimenti: gestionale, chimica, energia, design, elettronica, bioingegneria, civile, ambientale. E abbiamo messo intorno a un tavolo anche quegli attori della filiera che più portano innovazione nei suoi diversi anelli: startup, associazioni, policy maker, non profit. Anche perché si tratta di una partita più ampia, che coinvolge tutto il Politecnico, in vista di nuove opportunità di didattica. Stiamo lavorando, infatti, a un nuovo corso di laurea magistrale di Food engineering, che dovrebbe partire con l’anno accademico 2019-20”.
“Un aspetto di particolare interesse è quello delle forme di collaborazione che si stabiliscono tra gli stakeholder – ha evidenziato inoltre Raffaella Cagliano, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability –. Per esempio, nella creazione di valore dallo spreco, alcune startup hanno sviluppato tecnologie e know-how per prevenire e gestire le eccedenze riuscendo ad attrarre l’interesse da parte di alcune grandi aziende della filiera. Il beneficio è reciproco: le startup hanno ottenuto risorse e aumentato il loro impatto, mentre le grandi imprese hanno ricevuto sostegno per risolvere un problema magari specifico ma comunque rilevante e, nel contempo, hanno guadagnato una maggior ‘legittimazione’ per la loro strategia di sostenibilità”.