Agroalimentare, le imprese chiedono 1,5 miliardi di aiuti
“Per ripartire sono due le scommesse che dobbiamo vincere: export e sostegno all’horeca”, ha affermato Vacondio in fiera a Parma. È di 538 miliardi il valore della filiera agroalimentare che è diventata la prima ricchezza del Paese.
Mercoledì, a Parma, è iniziato Cibus Forum, la fiera dell’agroalimentare di Parma che, dopo aver annullato l’appuntamento di maggio, ha deciso comunque di riorganizzare l’evento, in forma ridotta, per dare un segnale forte di ripartenza sia al comparto delle fiere che a quello del food.
Nella due-giorni blindata, si sta cercando di fare il bilancio di questa prima parte del 2020 ma anche capire come rilanciare il settore, che vale 538 miliardi. A spaventare le industrie non sono tanto i consumi, che non sono calati, quanto la redditività dei prodotti.
“È vero che il trend semestrale di produzione alimentare segna “soltanto” un calo tendenziale del 3,3% a fronte del -18,3% dell’universo manifatturiero – afferma il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio (nella foto) -. Ma questa discesa, per un settore resiliente e anticiclico come il food and beverage, rappresenta la peggiore crisi degli ultimi decenni. Dopo la crisi Lehman Brothers il calo della produzione alimentare si fermò soltanto al -1,9%”.
Oltre a confermare la crescita dei consumi agroalimentari degli italiani, dai dati di Nielsen, presentati mercoledì a Parma, emerge un cambio nei comportamenti. Un esempio è la predilezione per i prodotti a lunga conservazione: dai surgelati a tutti gli alimenti definiti da dispensa, come la pasta secca.
Secondo la ricerca è, inoltre, aumentata la preferenza per le produzioni locali così come la maggiore attenzione ai prezzi. La convenienza, insomma, torna a essere un fattore di scelta dei prodotti: non è una buona notizia per il made in Italy di qualità.
Secondo i dati elaborati dall’ufficio studi di Federalimentare, anche l’export agroalimentare del 2020 è andato meglio rispetto alla media manifatturiera italiana. Il settore ha registrato un +3% del settore sui cinque mesi a fronte del -16,4% del resto dell’industria made in Italy.
A maggio le esportazioni di cibo e bevande italiane sono cresciute del 5% rispetto allo stesso mese del 2019 – ha detto Roberto Luongo, direttore dell’Ice, a Parma -. Attenzione: se all’interno del nostro Paese tendiamo a promuovere in maniera forte il consumo di prodotti nazionali, dobbiamo sapere che ogni Paese in questo momento sta facendo altrettanto. Non si può essere protezionisti in casa e liberisti all’estero, occorre più equilibrio”.
A proposito di export è intervenuto a Cibus Forum alle Fiere di Parma anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “Le fiere sono per noi un fondamentale veicolo verso il mercato internazionale. Con un giro d’affari di 60 milioni di euro sono uno strumento strategico di promozione del made in Italy. Il settore agroalimentare, grazie alle recenti deleghe – ha continuato il ministro – è al centro del lavoro della Farnesina. Abbiamo messo a disposizione per il comparto una piattaforma 365, attiva tutto l’anno, unica e integrata con la rete di 128 ambasciate e 80 consolati nel mondo, oltre agli uffici esteri di Ice, Sace e Simest. Una task force che, grazie a consolidati rapporti con gli Usa nostri alleati, ha recentemente raggiunto l’obiettivo di scongiurare nuovi dazi sulle nostre eccellenze”.
“Vogliamo trasformare ogni Ambasciata del mondo – ha concluso Di Maio – in una casa delle imprese. L’Italia e le nostre aziende devono crescere ed esportare le nostre eccellenze ovunque”.