Vino italiano e sfide: la verticale di Food Industry Monitor

L’Italia rimane tra i Paesi leader nell’export di vino con un volume di 21,8 milioni di ettolitri esportati nell’anno 2024, anche se il valore, pari a 8,1 miliardi di euro (+4,8% tra il 2019 e il 2024), rimane significativamente più basso del mercato francese. Con una crescita costante, il comparto vitivinicolo italiano ha registrato una crescita media annua dell’export del 4,8% tra il 2019 e il 2024, con una redditività commerciale (ROS) del 5,9%. Sono solo alcuni dei risultati emersi dalla prima edizione verticale del Food Industry Monitor (FIM), l’osservatorio sulle performance delle imprese italiane del food & beverage, realizzato da Ceresio Investors in collaborazione con l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (UNISG), nel convegno tenutosi presso la Biblioteca Internazionale La Vigna di Vicenza con il patrocinio di Confindustria Veneto.

Le performance

Le performance del settore variano significativamente tra modelli di business, con i trader che mostrano i margini più elevati. Inoltre, l’internazionalizzazione risulta ancora limitata: nonostante il 28% dell’export sia diretto agli Usa solo poche aziende controllano direttamente la loro distribuzione. Questo evidenzia una vulnerabilità strategica rispetto alle politiche doganali e alle dinamiche geopolitiche.

Nel 2024, il valore del mercato globale del vino ha raggiunto 88,4 miliardi di euro. L’Italia si conferma il maggior e produttore mondiale in termini di volumi e il secondo in valore (16 miliardi di euro) dopo la Francia (33 miliardi di euro) principali produttori mondiali con 16,1 milioni di ettolitri, dietro alla Francia (33,3 mln hl). Gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato estero, con una quota del 28% sul totale esportato. Il prezzo medio per litro esportato per il vino italiano resta significativamente inferiore rispetto ai competitor francesi.

L’analisi di bilancio su 165 imprese vinicole italiane evidenzia una crescita dei ricavi del +2,5% nel 2024, con una redditività commerciale (ROS) del 5,9% e un ROIC medio del 5,3%. Il tasso di indebitamento si mantiene sotto controllo (1,04), segnalando una buona solidità finanziaria.

L’analisi per cluster di aziende omogenee per tipo di business model adottato evidenzia che Il cluster dei trader emerge come il più redditizio, con un ROIC medio 2020–2024 del 8,96%, superando produttori integrati (le aziende vitivinicole) e cooperative. Questo dato suggerisce una trasformazione strutturale del settore, dove la capacità di presidiare i mercati e gestire la distribuzione diventa centrale rispetto al focus sulla produzione agricola.

Come sottolinea Carmine Garzia, professore di Management e responsabile scientifico del FIM:
“Il comparto vino italiano ha bisogno di un salto strategico: non basta più esportare bottiglie, serve esportare valore, cultura e modelli produttivi. La sfida è passare da una logica di volume a una logica di posizionamento.”

Letizia Ceriani

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