Rossi D’Angera, piano d’azione

Barbara Kalin, dalla scorsa estate, è socio di maggioranza della storica distilleria sul Lago Maggiore. Tra gli obiettivi c’è il raddoppio di produzione e fatturato e la diffusione capillare nel Paese.

di francesca corradi

 

Per chiamarsi grappa deve essere prodotta nel nostro Paese e con vinaccia made in Italy. Il distillato non è che una delle tante espressioni dell’artigianalità italiana, frutto del lavoro certosino di poco più di cento distillerie su tutto il territorio. La Rossi d’Angera, sulle sponde del Lago Maggiore, è una di queste. Ancora oggi gestita dalla famiglia fondatrice, alla sesta generazione, produce circa 150mila bottiglie l’anno tra grappe (70% del totale), gin, bitter, vermouth, amari e altri liquori.

Nel 2020 l’azienda ha trovato un nuovo partner, le sorelle Barbara e Simona Kalin con Giovanna Macchi e Filippo Berneri, dopo l’uscita dal capitale dei vecchi soci.

Ridefinizione della gamma prodotto, restyling delle bottiglie, nuove strategie commerciali su canale horeca e privato, piano d’investimenti e sviluppo della strategia di marketing e comunicazione: sono le azioni per cercare, a breve termine, di raddoppiare la produzione e il fatturato mantenendo l’attuale struttura.

Barbara Kalin racconta a MAG le nuove prospettive del marchio di nicchia in cui ha deciso di investire.

Dottoressa Kalin perché ha deciso di investire Rossi d’Angera?
È un progetto che è nato con la famiglia Rossi, ormai alla quinta e sesta generazione in azienda, soci di minoranza di Rossi d’Angera. Il socio di maggioranza, nel 2020, era pronto a uscire dall’investimento e io e la mia famiglia abbiamo così sfruttato l’opportunità per sviluppare il progetto di crescita e valorizzazione di uno dei marchi più storici della zona di Varese, nonché uno dei più antichi nel settore, entrando nel capitale assieme ad Arturo Rossi, suo figlio Nicola e Alberto Cattaneo.

Un rilancio dell’azienda in piena pandemia…
Sono entrata in società nel corso dell’estate 2020, quindi avendo un’idea di cosa ci si potesse aspettare dal secondo semestre 2020. Tuttavia, ho ritenuto che da un certo punto di vista il rallentamento dell’attività fosse un’occasione molto utile per conoscere le dinamiche d’azienda e per concentrarsi, tutti insieme, sulla costruzione di un diverso piano strategico. Non nego che se la seconda ondata si fosse conclusa con la fine dell’anno, invece che travaricare nel 2021, sarebbe stato più coerente con i nostri piani, dal momento che la chiusura del canale della ristorazione ha un impatto abbastanza importante sul lato commerciale.

Lei non viene dal mondo dei distillati…
Provengo dal settore finanziario, dapprima nel corporate finance e poi nella gestione degli investimenti finanziari. La Rossi d’Angera è stata per me un’ottima opportunità di investimento nella cosiddetta “economia reale” che mi ha dato anche la possibilità di avere un ruolo attivo per la prima volta in un settore produttivo.

Cosa fa in azienda?
Sono uno degli amministratori della società e mi occupo, prevalentemente, della definizione delle strategie e del coordinamento delle varie funzioni insieme agli altri membri del cda, ovviamente con un particolare riguardo alla gestione dei flussi finanziari. Tuttavia, il bello di lavorare in una piccola azienda artigianale è che, per quanto possibile, ciascuno presta la sua disponibilità a qualunque attività sia necessaria: dal confezionamento alle spedizioni.

Facciamo un passo indietro, ci racconta la storia della Rossi D’Angera?
La distilleria nasce alla metà dell’800 da una intuizione del trisavolo dell’attuale quinta generazione. Da buon falegname e costruttore di botti per vino ebbe l’idea di sfruttare le vinacce per ottenere un distillato. Il passo verso una attività semi artigianale avviene a cavallo del secolo. Negli anni del periodo “Liberty”, di grande sviluppo aziendale, vengono introdotti nuovi prodotti, principalmente nella liquoristica, e sperimentati nuovi invecchiamenti riservati alle grappe importanti.

 

La seconda guerra rallenta lo sviluppo…

Sì, ma nel dopoguerra c’è la ripresa con il passaggio generazionale fra Arturo (nella foto, a sinistra) e Bernardo.

Gli anni Cinquanta e Sessanta segnano un ulteriore sviluppo concentrato per lo più nella tecnologia e nel restyling di etichette e bottiglie. L’azienda inizia a espandersi anche al di fuori dei propri confini prettamente territoriali.

Negli anni Ottanta e Novanta vedono i cambiamenti sociali della popolazione impongono modifiche nelle politiche commerciali con attenzione alla gdo. Sui mercati iniziano a intravedersi grappe su tavole prestigiose come in enoteche e rivendite importanti.

Gli anni 2000 sono, invece, contrassegnati dal cambio della sede storica e dalla internazionalizzazione. La società si allarga e apre a nuove collaborazioni e a nuovi soci.

Che ruolo ha sul territorio l’azienda?
La società è sempre stata caratterizzata da una presenza molto locale. Il Lago Maggiore e la provincia di Varese sono sempre stati i principali mercati e nella zona è una realtà molto riconosciuta. La sfida del progetto è proprio estendere tale localizzazione a tutto il territorio nazionale. Il tutto in perfetta coerenza con il nostro motto…

Continua a leggere l’articolo sul MAG 159.

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