Menu alla carta (dei diritti)
di alessandro klun*
– Cameriere: Abbiamo praticamente di tutto sul nostro menu.
– Cliente: Vedo. Adesso me ne può portare uno pulito?
L’aforisma del giurista statunitense Jacob Morton Braude induce ad una riflessione. Veramente sul menu possiamo trovare (scritto) di tutto oppure deve essere redatto secondo criteri specifici?
La risposta non può non tener conto del fatto che in quanto strumento idoneo a generare un rapporto contrattuale tra cliente e titolare di attività di somministrazione alimentare, il menu deve essere realizzato osservando specifiche disposizioni.
In particolare, oltre al nome dei prodotti o delle portate, nel menu devono essere obbligatoriamente riportati i prezzi.
Questo in forza dell’art. 180 del regio decreto n. 635 del 1940, ancora oggi in vigore, che obbliga gli esercenti di tali attività ad esporre nel locale, in luogo visibile, il listino prezzi; in mancanza sono tenuti a pagare una multa parti ad euro 308,00.
In tempi più recenti il decreto legislativo 84/2000, in attuazione della direttiva europea 98/6/CE e in applicazione di principi di trasparenza, visibilità e informazione al cliente, ha stabilito che il menu, oltre ad avere obbligatoriamente forma scritta, deve riportare il prezzo di ogni portata, inclusi coperto, servizio ed eventuali maggiorazioni, assicurando così piena corrispondenza tra quanto indicato e il conto (non “a sorpresa”) che si andrà a pagare.
La legge ammette ipotesi in cui nel menu possono essere omessi i prezzi?
Soltanto in due casi: 1) se nel locale viene esposto, in luogo ben visibile, preferibilmente all’ingresso, un cartello dedicato; 2) per motivi di galateo nei menu dedicati alle signore accompagnate, proprio in questi giorni tornati nuovamente sotto l’occhio del ciclone social, a seguito della dichiarazione della compagna di un noto calciatore di Serie A nei confronti di un locale del segmento alta ristorazione e delle successive polemiche tra coloro che si dividono tra gesto galante e anacronistico.
*A cena con diritto