Made in Italy agroalimentare +3% nei primi sette mesi

Tra i mercati di sbocco più vivaci c’è il Regno Unito (+11%), ma si teme per il “no deal”. Avanti su grande piano promozione post emergenza.

Nonostante gli effetti della crisi globale da Covid-19, reggono le esportazioni del made in Italy agroalimentare. Tra gennaio e luglio l’export è cresciuto del 3% raggiungendo i 26,1 miliardi di euro, sullo stesso periodo del 2019.

Si tratta di un segnale di ripresa, in controtendenza rispetto agli altri settori, che aiuta a compensare le perdite dei mesi di lockdown.

Allo stesso tempo, si riducono del 5% le importazioni di cibo e bevande, producendo un surplus della bilancia agroalimentare nazionale che sfiora il miliardo di euro e rende il Paese esportatore netto nei primi sette mesi del 2020.

“Una circostanza più unica che rara – sottolinea Cia – visto che l’Italia importa più di quanto spedisce all’estero e che, qualora fosse confermata a fine anno, porterebbe a un risultato storico”.

Il rialzo dell’export agroalimentare è ancora più evidente se poi si considerano i principali mercati di sbocco di cibo e bevande tricolori. Tra gennaio e luglio, infatti, crescono Germania (+6%), Francia (+3,4%), Usa (+5%), Regno Unito (+5%), Giappone (+9%).

Nel solo mese di luglio, l’export agroalimentare made in Italy guadagna poco più di 4 miliardi di euro (+1% annuo), con un aumento delle vendite sostenuto in particolare in Germania (+9%) e Regno Unito (+11%).

“Di fronte a queste percentuali – osserva Cia – preoccupa ancora di più l’andamento negativo dei negoziati tra UE e UK post Brexit. Più in generale i segnali incoraggianti di questi mesi non bastano a invertire la tendenza. Per rilanciare sul serio il made in Italy all’estero serve un grande piano nazionale strategico che punti sempre di più su innovazione e digitalizzazione. In tal senso, l’implementazione interna del Next Generation Eu rappresenta un’opportunità da cogliere assolutamente”.

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