Conto salato per il made in Italy che non vola più in Russia

di francesca corradi

Le esportazioni agroalimentari made in Italy ancora nel mirino di Putin. L’Unione europea ha prolungato di altri sei mesi le sanzioni economiche contro Mosca. Una misura che penalizza fortemente la nostra economia per via dell’embargo russo iniziato nel 2014 e adottato come rappresaglia.

In Russia i prodotti agroalimentari italiani avrebbero già perso oltre 1,2 miliardi negli ultimi sei anni. È lunga la lista nera di prodotti europei con il divieto all’ingresso: dalla frutta e verdura ai formaggi, dalla carne e salumi al pesce.

Azzerate, quindi, le esportazioni di Parmigiano Reggiano e Grana Padano così come quelle di Prosciutto di Parma e San Daniele. Questo non ha fatto altro che aumentare la diffusione sul mercato russo di prodotti d’imitazione che di italiano hanno ben poco. La maggior parte dei formaggi vengono realizzati in Russia o nei Paesi non colpiti dall’embargo come scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta made in Bielorussia. Non mancano il salame Milano, Parmesan e Gorgonzola di produzione Svizzera o il Reggianito di origine brasiliana o argentina.

Questo non riguarda solo la gdo ma anche la ristorazione italiana a Mosca. Dopo una rapida esplosione i locali italiani rischiano, infatti, una bella batosta per la mancanza dei principali ingredienti con cui ricreare i piatti della tradizione.

Quello sul fronte russo però non è il solo problema che affligge il made in Italy agroalimentare vittima contemporaneamente di tensioni legate alla Brexit, i dazi americani e gli effetti negativi su economia e occupazione provocati dall’emergenza coronavirus.

Agli imprenditori italiani non resta che rimboccarsi le maniche e andare alla ricerca di nuovi  lidi dove esportare le eccellenze dell’agroalimentare (almeno per il momento).

Leave a Reply

SHARE