Giro di boa per l’horeca

Con grande incidenza dei costi fissi, un calo di fatturato di circa 27 miliardi di euro solo nel 2020 rispetto al 2019 e una situazione ancora lontana dalla risoluzione, il settore della ristorazione va ripensato per attrarre investitori e clienti.

di francesca corradi

Bain & Company, società di consulenza globale, stima ad oggi una chiusura definitiva dell’attività per l’8-10% degli esercizi dell’horeca. L’impatto è drammatico non solo per i singoli punti vendita ma anche per tutta la filiera a monte, dai distributori alle aziende dell’agroalimentare. Mai come nei prossimi anni sarà necessaria una risposta di sistema e anche un impulso coordinato tra progetti di digitalizzazione della filiera, sostenibilità e sviluppo di nuove tipologie di offerte al consumatore: i pilastri per rilancio del fuori casa.

A geografia, formato, tipologia di locale e dimensione si aggiungono le variabili delle misure delle autorità e dei nuovi comportamenti dei clienti, che non abbandoneranno lo smart working.

«Tante cose non saranno più come prima», afferma Sergio Iardella (nella foto), partner di Bain & Company, che spiega a MAG l’evoluzione dell’horeca, anche dal punto di vista di investimenti e private equity.

 

Quanto vale il settore dell’horeca?

Contribuisce per oltre quattro punti di PIL e, nel 2019, dava lavoro a 1,2 milioni di persone. Un impatto importante non solo per i singoli punti vendita ma anche per tutta la filiera a monte, dai distributori alle aziende dell’agroalimentare, storico fiore all’occhiello della nostra economia. Nel 2020 abbiamo stimato una perdita del 37% del settore. Mentre nel primo semestre dell’anno le perdite, a confronto con il 2019, si sono attestate attorno ai 16 miliardi di euro, la ripresa dei mesi estivi – superiore a quanto previsto – ha permesso di chiudere il terzo trimestre con una flessione più contenuta rispetto al primo quadrimestre di circa 15-20% rispetto al 2019.

 

Quali sono le aree più colpite?

Le grandi città hanno sofferto maggiormente rispetto alla provincia, con cali più accentuati guidati dalla contrazione significativa del turismo e dal fenomeno dello smart working che ha letteralmente “chiuso” intere aree di attività che servivano principalmente la fascia del pranzo di lavoro. Gli italiani hanno sfruttato la flessibilità per evitare il pendolarismo nelle metropoli o addirittura trasferirsi temporaneamente in seconde case o piccoli centri. Questo ha chiaramente avuto un riflesso su occasioni di consumo come il business lunch oppure il caffè sotto l’ufficio. C’è anche da considerare una differenza tra i sottocanali: i più colpiti sono senz’altro il catering e il settore mense aziendali.

 

Cos’è accaduto?
Nel 2020, per ogni mese da regioni “rosse” – per esempio Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta – il decremento di fatturato è stato in media del 70%, mentre le regioni “gialle” – per esempio Veneto, Lazio, Sardegna – hanno subito un calo del 40%. Considerando poi il dato sulla differenza tra grandi città e provincia, non è difficile capire come alcuni esercizi abbiano visto praticamente azzerato il loro giro d’affari per lunghi periodi, soprattutto se in zone legate al traffico uffici.

 

Dobbiamo aspettarci un 2021 fotocopia di un 2020? I più pessimisti collocano la ripartenza nel 2023 o 2024…

Difficile fare previsioni a causa delle variabilità delle misure di contenimento con impatti su orari di apertura e capienza dei locali. Quello che forse possiamo prevedere è che, tutto sommato, da settembre in poi, se si arrivasse come previsto al 60% della popolazione vaccinata, potremmo ipotizzare un progressivo ritorno alle abitudini pre-pandemia e magari non essere così lontani dai numeri 2019. Le persone hanno voglia di uscire ma dobbiamo tener presenti anche gli elementi che rimarranno in maniera strutturale, per esempio il lavoro da casa è un fattore destinato a rimanere.

Alcune aziende stanno dichiarando per esempio che si potrebbero orientare verso tre giorni lavorativi in ufficio e due a casa. Lufthansa invece stima un ritorno al 90% del suo business solo nel 2025. La compagnia sta pagando il calo drastico dei viaggi business, se questo fosse vero anche il tema viaggi (business e turismo) sarà un fattore. In conclusione con tante abitudini come smart-working, minori viaggi business, diverso mix del turino destinate a rimanere è inevitabile che si avranno impatti, per esempio per sottocanale o geografia, destinati a rimanere anche a medio e lungo termine.

 

Com’è la situazione nel resto del mondo?

Anche in Uk e Cina, dove già da parecchi mesi si è usciti dall’emergenza, si stanno registrando dei buoni numeri del fuori casa. Questo dimostra che le persone post pandemia hanno voglia di tornare alla vita sociale ed all’aggregazione nei locali del fuori casa.

Come sarà l’estate 2021? Quanto si riuscirà a recuperare percentualmente?
C’è grande volatilità e incertezza. In questi giorni si leggono le discussioni sull’orario del coprofuoco, 22, 23, 24, nessuno… questo tipo di elementi insieme alla fiducia dei turisti internazionali nel scegliere l’Italia saranno determinanti. In alcuni scenari ci può essere il rischio che la ripresa estiva sarà inferiore anche a quella dell’anno scorso.

Come cambieranno gli investimenti?

La ristorazione resta un settore primario per l’economia Italiana e molto vitale. Gli investimenti ritorneranno ma saranno inevitabilmente influenzati in funzione del nuovo scenario (es. mix per sottocanale o geografia). Ad esempio, il vending, rivolto agli uffici, potrebbe essere meno attrattivo.

 

E il private equity?

Sono sicuro che tornerà a guardare con interesse a un settore continuerà a rappresentare un’eccellenza italiana. È un settore che si adatta rapidamente allo scenario di riferimento, i fondi continueranno a cercare e a trovare buone opportunità di investimento. Le idee e la vitalità del comparto non mancheranno, anzi, i più rapidi a capire i cambiamenti di scenario avranno vantaggi competitivi sempre più netti.

 

Quali saranno i modelli di ristorazione più performanti?

I concept vincenti saranno…

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