Fipe: “Solo l’1,4% dei ristoratori ha ottenuto prestiti”

“Servono subito i contributi a fondo perduto e un piano condiviso per ripartire”, afferma Roberto Calugi, direttore generale Fipe.

Il grido d’allarme di Fipe arriva alla camera. Sono cinque le critiche al governo e altrettante le proposte fatte dal direttore generale della Federazione italiana dei pubblici esercizi, Roberto Calugi, in audizione davanti alle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera dei deputati.

Attualmente, su un campione di 780 imprese del mondo della ristorazione, dei catering e dei locali notturni, solo dieci attività sono riuscite a ottenere un prestito dalle banche. Il 36% degli imprenditori si è sentito, invece, rispondere che ci vorranno almeno altre quattro settimane. Questi i dati raccolti da Fipe.

Venti, invece, i minuti destinati a Calugi per riepilogare al governo cosa non ha funzionato dopo il lockdown imposto a 300mila imprese e chiedere un’inversione di rotta per salvare un settore che conta 300mila imprese e oltre un milione di lavoratori.

“A due mesi dal blocco delle attività – sottolinea il direttore generale – solo l’1,4% delle imprese italiane della ristorazione è riuscito ad accedere al credito bancario garantito dallo Stato e questo. Questo si aggiunge al mancato arrivo ai lavoratori dei soldi degli ammortizzatori sociali. Noi oggi sappiamo solo che non apriremo fino al primo giugno, niente sappiamo di aiuti concreti e a fondo perduto per le nostre imprese.”.

In sintesi, le principali richieste di Fipe:

  •        Prevedere contributi a fondo perduto per il settore, parametrati alla perdita di fatturato durante le 14 settimane di chiusura;
  •        Disporre una moratoria sugli affitti e le utenze per le aziende e i rami d’azienda;
  •        Esentare le imprese dal pagamento delle imposte locali e nazionali, in particolare Imu, Tasi e Tari, per il periodo di chiusura;
  •        Estendere gli ammortizzatori sociali a tutta la durata della crisi, fino al momento in cui le imprese non potranno tornare a operare a regime;
  •        Predisporre un piano chiaro e condiviso per le riaperture.
“ Gli imprenditori devono sapere quali saranno le misure di sicurezza che dovranno utilizzare e quali i criteri per il distanziamento. Senza queste informazioni come si fa a capire se è conveniente o meno aprire?”

“Noi abbiamo predisposto un protocollo di sicurezza che abbiamo inviato alle istituzioni, aspettiamo delle risposte”, spiega Calugi.

Preoccupano gli ammortizzatori sociali così come il tema degli affitti e gli adempimenti fiscali che al momento sono stati solo posticipati ma non annullati.

Non tutto è perduto ma occorre fare presto e invertire subito la rotta, attraverso contributi a fondo perduto a compensazione delle perdite e un piano serio e condiviso sulle riaperture”, conclude Calugi.

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