Fatturato ittico delle feste a -25%. Senza ristoranti, crisi mercato molluschi e crostacei

Covid-19 e stretta sugli spostamenti non toglieranno agli italiani il menù di pesce, tipico della Vigilia di Natale e della notte di San Silvestro. Sarà portato a tavola in due case su tre, con una spesa media di 70 euro a nucleo, rispetto ai 90 dello scorso anno.

Per circa 15 milioni di famiglie la scelta del menù sarà orientata a ricette povere della tradizione con tonno e baccalà o pesci come l’orata per piatti non troppo elaborati. A tracciare una stima è l’analisi di PescAgri, l’Associazione Pescatori Italiani promossa da Cia e che conta già per il settore ittico, in questo 2020, un calo del fatturato oltre il 40%.

Segno negativo dovuto eccedenza di prodotto e calo dei prezzi per via soprattutto delle restrizioni su ristoranti, catering e hotel.

A condizionare radicalmente i consumi di pesce durante le feste, secondo AgriPesca-Cia, è l’impatto del Dpmc sui cenoni, rigorosamente a casa e, si presume, per non più di sei persone. Quest’aspetto ridimensionerà in proporzione, le quantità acquistate che in media per la spesa di Natale e Capodanno, non andranno oltre i 3 kg a carrello. Si tenderà a essere più precisi nelle porzioni, ma anche a scegliere il pesce fresco. Dunque, poco ma buono.

Vinceranno i piatti tipici della Vigilia, quindi sulle coste italiane, quelli più legati alla cucina a base di pesce locale e per ricette elaborate. Nell’entroterra si prediligeranno, invece, ricette più essenziali, con prodotto fresco e trasformato. Baccalà e tonno, ma anche alici, sarde e sgombri, orate e spigole avranno la maggiore sul pescato più pregiato. Molluschi e crostacei, protagonisti delle feste in ristoranti e hotel, vivranno, invece, un serio calo.

Importanti le perdite, già registrare a novembre, in termini di volumi del prodotto locale: crostacei (-31%), pesce bianco (-17%) e molluschi che reggono meglio (-5%).Quanto al valore, il pescato di Chioggia (pesce azzurro e bianco) è già a -22% per il solo mese di novembre rispetto al 2019. Che non andrà bene al mercato dei crostacei può, inoltre, dirlo il dato sull’import con l’Italia sprovvista, per esempio, di aragoste e astici.

Rispetto al 2019, i crostacei a novembre hanno fatto in termini di volumi un -78%. Il quadro nazionale si attesta più o meno sulle stesse cifre e mette in guardia sul rischio per il fresco e il made in Italy. Il settore ittico perderà con le sole festività 300 milioni di euro di fatturato (-25%).

“Difficile –  aggiunge PescAgri-Cia – pensare poi a cenoni ristretti per Capodanno, ma esclusa la ristorazione, per gli oltre sei milioni di italiani abituati a mangiar fuori il 31 dicembre, sarà comunque inevitabile la cucina di casa. Davvero a poco servirà quel 15% di consumatori propensi al menù take away. Questo trend vale complessivamente circa 5 miliardi, mentre le restrizioni imposte all’horeca, hanno tolto finora al settore alimentare, quasi 41 miliardi”.

Le restrizioni sugli spostamenti per il Covid e le chiusure dei ristoranti influiranno in negativo sulla domanda di pesce fresco e locale. Il consumatore può in questo modo cambiare l’offerta, oggi rappresentata per oltre il 70% da prodotto ittico di importazione. Per farlo deve cambiare la domanda ed è proprio il consumatore a poter fare la differenza diventando più consapevole ed esigente negli acquisti, premiando le pescherie che risultano più attente alla vera filiera corta e a una offerta più mirata a prodotti ittici dei nostri mari, dei nostri allevamenti e delle nostre acque dolci”, conclude PescAgri-Cia.

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