Carne sintetica o carne in vitro?

*a cena con diritto

Si è acceso il dibattito sulla cosiddetta carne sintetica in quanto recenti provvedimenti del Governo ne hanno vietato la produzione e commercializzazione nel nostro Paese. 

In realtà più che di carne sintetica si dovrebbe parlare di carne in vitro in quanto si tratta di prelevare dall’animale una modestissima quantità di cellule da cui vengono estratte le cellule staminali embrionali che, all’interno di un bio reattore sterile, vengono alimentate quindi crescono, si differenziano tra loro e si moltiplicano.

Concluso tale processo le fibre ottenute vengono lavorate al punto da presentarsi come carne tritata, compattata e messa sotto vuoto.

Ciò detto in linea generale va osservato che, sulla base di recenti studi scientifici condotti anche in ambito UE, la produzione di carne in vitro, che avrebbe le stesse qualità nutritive di quella destinata al comune consumo aiuterebbe a ridurre l’impatto sul riscaldamento globale, sull’inquinamento dell’aria, sul consumo di terreno e di acqua rispetto alla produzione basata su allevamenti per così dire tradizionali.

Certo è che il dibattito all’interno della comunità scientifica internazionale è in pieno corso e siamo ancora lontani da conclusioni definitive.

In Italia lo scorso 28 marzo il Governo italiano ha approvato, in via d’urgenza, un disegno di legge con cui ha vietato la produzione e la vendita di cibi sintetici come le nuove carni prodotte in laboratorio da cellule animali, invocando il principio di precauzione e al fine di “tutelare la salute umana e il patrimonio agroalimentare”.

Il provvedimento prevede, nell’ipotesi di sua mancata osservanza, l’applicazione ai trasgressori di sanzioni che vanno da un minimo di euro 10mila a 60mila euro, sino al 10% del fatturato totale annuo, oltre al temporaneo divieto di accesso a contributi, finanziamenti o agevolazioni erogati da parte dello Stato, di enti o dell’Unione europea, alla chiusura dello stabilimento di produzione per lo stesso periodo.

Al di là della sensibilità e del pensiero di ciascuno, da un punto di vista strettamente normativo, sul citato provvedimento si possono effettuare alcune riflessioni.

Innanzitutto, la commercializzazione in ambito UE della carne in vitro presuppone oggi la preventiva e necessaria autorizzazione della Commissione Europea, una volta acquisita la valutazione dell’EFSA, ossia l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) vale dire l’organo comunitario di valutazione del rischio in materia di sicurezza alimentare e dei mangimi, sanità e benessere animale istituito dal Regolamento (CE) n. 178/2002.

Ora posto che a tutt’oggi tale autorizzazione non risulta essere stata concessa il divieto introdotto dal decreto governativo pare in realtà già superato dalla stessa normativa europea che, in difetto di tale autorizzazione, inibisce attualmente la commercializzazione della carne c.d. sintetica in tutto il territorio UE.

Anche il richiamo al principio di precauzione in materia di tutela della salute pubblica contenuto nel citato decreto può essere oggetto di confronto.

Secondo un orientamento consolidato della Corte di giustizia europea sul principio di precauzione, per impedire e/o limitare l’importazione di carne sintetica sarebbe necessario offrire in sede europea dati scientifici oggettivi a sua giustificazione attestanti eventuali profili di rischio (il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha dichiarato che ad oggi non ci sono “evidenze scientifiche sui possibili effetti dannosi dovuti al consumo dei cibi sintetici”). In tale contesto non rimane che aspettare i successivi sviluppi, scientifici e normativi. 

*di alessandro klun

Letizia Ceriani

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