Arrigoni in progress

Vulcanico e appassionato. Non c’è altro modo di definirlo. Tommaso Arrigoni (nella foto), chef patron di Innocenti Evasioni, incontra MAGin un pomeriggio di sole che fa ben sperare sull’avvento della primavera anche a Milano. Lo siamo andati a trovare in via privata della Bindellina dove non solo ha sede il ristorante avviato 20 anni fa assieme al suo ex socio Eros Picco, ma si concentrano buona parte dei progetti a cui lo chef vuole lavorare nei prossimi anni. Un bistrot, un piccolo realis, una galleria d’arte.

Tante idee a cui, negli ultimi due anni, si è aggiunta anche l’attività vinicola con la fondazione di Arrilonga oltre alla partecipazione, come consulente, alla start up londinese di delivery di qualità, Godo-sostanza italiana.

Tanti impegni che però esaltano la natura eclettica dello chef che dal 2009 si fregia anche di una stella Michelin.

Arrigoni va avanti per la sua strada e non ha (particolare) fretta. Sa che deve fare le cose con calma e farle bene. Come al solito.

Dopo l’uscita di Picco cosa succede in cucina?
Al momento, il menù ha un’impostazione molto simile a quella dello scorso anno. Sono in una fase di riorganizzazione generale. Gradualmente, introdurremo delle novità.

La priorità?
Devo lavorare sulla squadra. Mi manca una figura di responsabilità. Anche se a dire il vero credo di averla trovata (VERIFICARE). I ragazzi che ho adesso sono tutti molto bravi. Il punto è che sono anche molto giovani.

Quest’anno è partito anche con la factory. Qualcuno direbbe una scuola di cucina. Ma la sensazione è che si tratti di qualcosa di più…
Vero. Il corso punta a insegnare le tecniche di base che stanno dietro le ricette. Ma poi la scuola è un momento importante per fare cultura gastronomica. Qui si capisce quanto lavoro c’è dietro un piatto. Si comprende quel valore che fa la differenza quando si sceglie di vivere un’esperienza in un ristorante di un certo tipo. La factory ha mille volti. 

Ovvero?
Beh, oltre ai corsi dedicati ai clienti e agli appassionati, facciamo molte altre cose. Questa settimana ho invitato lo chef pasticcere ambassador di Valrhona, Franco Ascari, che ha tenuto una lezione per noi. Una cosa entusiasmante. Una lezione tra la pasticceria e la chimica. Questo è un luogo che vorrei utilizzare sempre di più per fare ricerca e sviluppo. Provare prodotti, sperimentare.

E qui, in via privata della Bindellina lo spazio non manca…
Sì questo è uno spazio che avevamo comprato nel 2008, 10 minuti prima che scoppiasse la bolla immobiliare. È un caseggiato dei primi del Novecento, classica struttura del milanese, che siamo riusciti a rilevare per intero. Volevamo dar via a un piccolo relais. Così come volevamo mettere in piedi un’altra linea di cucina, un po’ più veloce. Poi fare tutto e subito non era possibile. Finora ci siamo dedicati al ristorante.

Ma adesso?
Ora ho rilevato tutto e ho l’onere di portare avanti questo progetto che ho fortemente voluto. Molti mi dicono che sono un pazzo. Ma l’idea è di aprire un bistrot che funzioni dalla colazione alla cena aprendosi al quartiere e dando a questa zona di Milano una spinta per cominciare a rivalutarsi.

Il cambiamento può partire da un locale?
Ne sono convinto. Aprire locali di qualità, ma accessibili a tanti e magari creare un contesto che possa accogliere anche progetti d’arte, un laboratorio o una galleria, può sicuramente aiutare il quartiere a rivalutarsi.

Poi c’è la parte immobiliare…
Lì l’idea è di completare l’offerta della ristorazione affiancandole uno spazio ricettivo. Deve diventare un luogo di accoglienza in tutti i sensi. E puoi venire a mangiare in un ristorante stellato, puoi alloggiare in un luogo caldo, più simile a una casa che a una camera d’albergo. Pochi appartamenti, poche stanze (5-6) a prezzi accessibili, dove ritrovare il clima e l’ambiente di una certa Milano che va scomparendo. 

Tempi?
Mi piacerebbe completare questo progetto nell’arco dei prossimi cinque anni. Non è facile, perché c’è davvero tanto da fare. Ed è un bell’impegno economico. 

Qual è il fatturato di Innocenti Evasioni ad oggi?
Abbiamo un fatturato di poco meno di un milione di euro all’anno, mettendo insieme tutta l’attività che facciamo tra ristorante, catering e consulenze. A seconda degli anni oscilla tra gli 850 e i 950mila euro.

Allo stesso tempo ha cominciato a fare anche altre cose. Come il vino…
Quella è una cosa arrivata quasi per caso. Cercavo da tempo una casetta in campagna da comprare per passarci la domenica, assieme alla mia famiglia, in un luogo all’aria aperta. Ho trovato la casetta su una collinetta in Monferrato. Bellissima. Ma la proprietà aveva anche un ettaro di vigna che quando ci ha visto ci ha “detto” che aveva bisogno di noi.

Così è nata Arrilonga, la vostra “catina”…
Con mia moglie abbiamo deciso di convertire subito la produzione a biologico. Abbiamo smesso di diserbare ed è stato bellissimo veder tornare la vita. Noi produciamo le uve. Poi, a meno di 5 chilometri da lì c’è una cantina che si chiama Ca’ del Bric, gestita da una coppia appassionata che vinifica anche per noi.

Prima annata?
La prima annata è stata il 2016. È un vino straordinario. Il problema è che il buen retiro è diventato un altro lavoro.

Poi c’è un terzo capitolo della sua attività. E si svolge a Londra…

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