Vecchio Samperi, amico vino

di uomo senza loden

 

Gillo Dorfles è un personaggio straordinario. Leggo e rileggo vari suoi scritti e libri: in “Horror Pleni, la (in)civiltà del rumore”, Dorfles ha superbamente espresso, in ben altro contesto, un concetto complesso che affascina, per assai modeste applicazioni, noi appassionati laici di vino e dintorni.

Non me ne vorrà dunque il grande filosofo e critico se mi permetto di utilizzare una sua frase (e so che non me ne vorrà per il solo fatto che mai leggerà queste poche righe: il che è francamente rassicurante) come punto di partenza per le mie consuete riflessioni in libertà.

Allora oso. “Un forte senso etico, d’altro canto, si accompagna al sentimento dell’amicizia, con una precisazione: è difficile divenire amici senza condividere degli aspetti del gusto, della cultura, senza avere dei punti di vista, se non coincidenti, almeno confrontabili”.

Dorfles formula questo profondo, sintetico e lucido pensiero in apertura della parte III del libro che ho citato, parte intitolata “Riti, Morale, maniere”. Permettetemi di rassicurarvi: non voglio affrontare, né potrei farlo, questioni di etica o di estetica. Amicizia e condivisione: solo questo mi occorre.

Torniamo sulla terra. In fondo, e lo pensiamo tutti, il vino è anche amicizia, condivisione, rito. E naturalmente non può non essere condivisione di gusto, o meglio, confrontabilità di punti di vista sul gusto e del gusto.

Esiste un vino che mi ha aiutato a intuire alcuni aspetti del gusto, comprendendoli a fatica e poi condividendoli, così orientando i miei punti di vista e rendendoli confrontabili con quelli di altri. In fondo, ciò (colui?) di cui sto per parlarvi più che un vino è un amico.

Vecchio Samperi imbottigliato nel 2016 dall’azienda Marco de Bartoli, vino e null’altro (non può utilizzare denominazioni di sorta), rappresenta un ritorno alle origini, un po’ anche alle mie: per questo, nel presentarvelo (anche se molti già lo conosceranno) mi sembra di ritrovare un vecchio amico.

Archiviata l’esperienza del Vecchio Samperi Ventennale, l’azienda si riappropria della denominazione e, tramite essa, della creazione che Marco de Bartoli volle sin dal 1978. Oggi un po’ negletto dalle guide, Vecchio Samperi merita di tornare nelle nostre case, nei nostri bicchieri.

Grillo 100%, colore intrigante tra l’ambrato e l’oro rosso. Appena nel bicchiere, riempie l’aria circostante di aromi seducenti e intensi. Al naso fine, complesso, con le sue carambole di frutta secca, caramello, sentori eterei, vernice, nocciole tostate, caffè. E poi albicocca matura intensa, note balsamiche orientate verso una sensazione di freddo che qualcuno ha descritto come di menta (ho qualche perplessità), eucalipto, fichi secchi, cacao, una lontana mandorla, una punta di vaniglia stranamente elegante. Al palato secco, con una sapidità e una freschezza inaspettate. Lungo, lunghissimo: sembra non finire mai.

Vecchio Samperi, vecchio amico, prendiamoci ogni libertà! Sei intrigante con formaggi di buona stagionatura, anche erborinati. Sei grandioso, per restare in tema, con piatti saporiti a base di formaggio (datteri ripieni di Bergader, un risotto pere e gorgonzola). Hai tratti da nobiltà medievale che ti consentono di affrontare cacciagione succulenta. Alcuni, pare, vorrebbero farti incontrare spaghetti alla bottarga: adoro la bottarga e temo che, con il tuo carattere, tenderesti a prevalere. Che ne dici, Vecchio Samperi, di unirti a piatti complessi (complessi, ho detto: non quei tristi tortelli dolciastri e sempre più diffusi) a base di zucca? E poi, sappiamo, io e te, quanto tu sia ineguagliabile come vino da meditazione, insieme a un buon libro e, se siete ne seguaci, a un sigaro in formato robusto.

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