Trump e Brexit, le incognite per il vino italiano nel 2017

Stati Uniti e Regno Unito, con 9 miliardi di euro in totale, valgono insieme il 33% delle importazioni mondiali di vino (rispettivamente 18% e 15%). Lo dicono i dati del Wine Monitor di Nomisma, secondo cui gli Usa sono anche il primo Paese al mondo per consumi di vino: oltre 31 milioni di ettolitri nel 2015, il 38% in più dell’Italia.

In particolare, negli ultimi cinque anni le importazioni negli Usa di vino italiano sono aumentate del 61% a valore e del 26% a volume; nel Regno Unito hanno fatto registrare, nello stesso quinquennio, un +64% a valore e +35% a volume. Merito soprattutto degli spumanti (Prosecco in primis), mentre calano i vini fermi imbottigliati.

Secondo le stime, però, nel 2016 le importazioni a valore di vino negli Stati Uniti chiuderanno il 2016 con una crescita inferiore al 2% mentre nel Regno Unito è previsto un calo di quasi il 10%. Negativi anche i dati della Germania (-4%), mentre il Giappone chiuderà con una crescita vicina al 3% e solo la Cina continuerà a correre a ritmi sostenuti (quasi +20%).

I dati relativi ai primi 10 mesi del 2016 mostrano ancora una tendenza positiva ma determinata da una spinta più debole. «In uno scenario di mercato contraddistinto da più ombre che luci, anche i vini italiani risentono di queste incertezze e battute d’arresto dove i cali sono in larga parte generalizzati e risparmiano pochi grandi esportatori», dichiara Denis Pantini, responsabile Wine Monitor Nomisma.

Restano infatti numerose incognite sulle politiche commerciali del nuovo presidente americano Donald Trump (contrario all’accordo di libero scambio Usa-Ue) e sull’effetto della Brexit e del conseguente calo della sterlina nei rapporti economici col Regno Unito.

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