Tomei: «la terra è il futuro»
di letizia ceriani
C’è chi alla sostenibilità dedica libri, pamphlet, orazioni politiche, e chi invece semplicemente la fa. Ha aperto a gennaio, al civico 12 di Corso Europa, nella Milano più centrale, il nuovo ristorante dell’istrionico Cristiano Tomei (classe 1974). Corteccia «prende il nome da uno dei miei piatti firma», racconta lo chef con il suo spiccato accento viareggino. Il progetto parte «un po’ per caso». Non è un bistrot, né un ristorante gourmet, né tantomeno un’osteria. È la naturale evoluzione della cucina di Cristiano Tomei, semper fidelis al territorio, al gusto genuino e all’inclusività, di sapori e ingredienti.
Il format, ideato e realizzato dallo chef insieme a Food Media Factory, propone non un menù, ma una «lista di pietanze» che si affideranno di volta in volta alla stagionalità del momento. In linea con il ritmo meneghino, il nuovo locale è aperto tutti i giorni a pranzo e a cena. Di altra materia rispetto allo stellato di Lucca, L’Imbuto, Corteccia ha prezzi più abbordabili e un’atmosfera «divertente e rilassata», inserisce i commensali in uno spazio di gioco. Corteccia si sviluppa, infatti, all’interno di un luogo polifunzionale che include anche uno spazio coworking di Cofoundry.
Al centro della tavola di Tomei, il cibo, espressione del gusto e di una certa idea di convivio.
Il suo nuovo ristorante Corteccia inaugura il 2023. Come è stato pensato il format?
Innanzitutto, eliminiamo le etichette. Mettiamo da parte le osterie contemporanee e ristoranti gourmet e parliamo di cibo. L’apertura di Corteccia, come tutte le cose belle, è successa un po’ per caso. La proposta è arrivata da Carla Icardi, Umberto Chiaramonte e Food Media Factory e io, con la mia solita incoscienza, mi sono buttato subito in questo progetto un po’ pazzo…
Perché Milano?
Ci tengo a precisare che non sono venuto a Milano per risolvere i problemi della ristorazione, né tanto meno per essere più bravo degli altri. Milano è una città estremamente stimolante e viva. Non sono angosciato, anzi mi sento molto rilassato e sto vivendo questa nuova esperienza con alle spalle una certa storia. Quest’anno, tra l’altro, L’Imbuto compie 23 anni…
E c’è una continuità rispetto all’Imbuto?
Io penso che le esperienze nuove che un cuoco fa, soprattutto se ha alle spalle un ristorante di proprietà come nel mio caso, vadano interpretate sempre in maniera diversa. Per me Corteccia è proprio questo: qualcosa di nuovo. I ristoranti devono cambiare ed evolversi e, in questo senso, non vedo rottura rispetto ai miei progetti avviati, ma semplicemente un diverso approccio. I clienti mi sembra che ci stiano dando ragione. A me piace costruire le cose con calma, un passo per volta e sto vivendo la nuova apertura in quest’ottica.
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