Specialty Coffee Association: la narrazione di un caffè equo e sostenibile

di letizia ceriani

Un tempo considerato l’oro nero del Medio-Oriente, status symbol, spazio di ritrovo e momento di condivisione e poi piccolo piacere di tutti i giorni, il caffè porta con sé uno storico denso di significati.

Dal 2017 la Specialty Coffee Association (SCA) ha fuso l’associazione americana SCAA, nata nel 1982, e la versione europea SCAE, sorta a Londra nel 1998. L’obiettivo rimane quello di rappresentare l’autorità garante dell’eccellenza del caffè, avendo come mission creare e ispirare la qualità nella comunità del caffè attraverso innovazione, ricerca, formazione e comunicazione. Oggi, SCA è una realtà in crescita che annovera migliaia di professionisti del caffè e organizzazioni in oltre 100 Paesi del mondo. SCA Italy dal 2014 si occupa di diffondere in Italia la filosofia dello Specialty Coffee, affiancandosi alla proposta tradizionale, con il quale forma una differenziazione di offerta dal punto di vista qualitativo, economico e soprattutto etico.

Davide Cobelli, national coordinator dell’associazione italiana, svela in un’intervista a MAG il mondo dello specialty coffee, consacrato alla tutela di un prodotto e di una filiera che ha radici millenarie.

Sempre più spesso si sta parlando di “specialty coffee”, ma in molti ancora non sanno di cosa si tratta. Ci aiuterebbe a fare un po’ di chiarezza?

Lo specialty coffee è più cose nello stesso momento, è un prodotto di altissima qualità, è un movimento di persone appassionate. Il prodotto Specialty o eccellente è la base di partenza ma la filiera è molto lunga e inizia con i produttori di caffè nel mondo che per lo più sono famiglie povere che dipendono totalmente da questo prodotto e dalla sua vendita. Spesso questo è il perno commerciale per l’industria mondiale che tiene in pugno queste famiglie e che ha interesse a mantenerle povere per poter avere maggiori margini di guadagno. Il movimento Specialty è invece fatto di persone che hanno come unico obiettivo comune sostenere la filiera comprando, vendendo e consumando un prodotto attraverso il quale trovare una propria collocazione di sostenibilità. In genere, il movimento impatta sulle nuove generazioni, più inclini a costruire un futuro migliore, come conseguenza ad una qualità migliore di prodotto.

Un’altra domanda per chi si approccia al tema… che cosa si intende per “coffee chain”?

Quando si parla di “coffee chain” si fa riferimento a tutte le fasi della filiera dalla coltivazione al raccolto, fino alla fase di esportazione e vendita, fasi in cui è necessaria una grande meticolosità per ottenere un caffè di qualità.

In che termini può essere definita certificata e controllata?

Ad oggi non possiamo sostenere che la coffee chain sia una filiera controllata al 100% e questo limite ha diverse cause come, ad esempio, il fatto che il prodotto passi in molte mani diverse, rendendo così difficile esercitare un pieno controllo su tutti gli attori.

È un limite dello specialty coffee: una catena fatta di moltissimi anelli molto segmentati di cui, quasi mai, si riesce ad avere una totale chiarezza. Sicuramente oggi ci sono importatori che garantiscono, anche grazie alla trasparenza del prezzo pagato all’origine, una filiera economicamente sostenibile per i contadini al pari del prodotto di qualità che vendono.

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Letizia Ceriani

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