Signum, lo scrigno del gusto a Salina

di letizia ceriani

La storia del ristorante all’interno dell’Hotel Signum, nel cuore enogastronomico di Malfa, sull’isola di Salina, prende il via da un’attività di famiglia iniziata da Michele Caruso e trasmessa poi ai figli Martina e Luca, rispettivamente le anime della cucina e della sala. La cultura eoliana si fonde con quella siciliana creando connubi che riportano i gusti antichi siculi con un vento nuovo.

Nel 2016 Signum entra nella Guida Michelin e nel 2019 ottiene la stella. La stella verde conferma poi la condotta virtuosa del ristorante, agevolata al contesto naturale generoso e rigoglioso. Le portate ricreano gli ambienti selvatici e colorati eoliani, riproponendone odori e sapori, tra terra e mare. Signum disegna la traccia che porta dritti a casa.

Oltre alla carta, tre percorsi gourmet: Sigillo da 9 portate, Oltremare da 7 e Radici da 5, votato al vegetale. Ci lasciamo suggestionare dal richiamo del mare.

Come da tradizione, ad aprire le danze è l’olio – in questo caso il palermitano Lorenzo N°5 – accompagnato da un pane caldo marchiato Signum fatto con farine di grano russello, una varietà antica di grano siciliano. Il benvenuto continua con una composizione: lattuga con gocce di vin cotto, olio e sale, ravioli mignon serviti freddi con bottarga di tonno grattugiata, un mini-cannolo ripieno di baccalà mantecato – che bellezza, Venezia abbraccia la Trinacria – la “scarpetta” al nero di seppia, presentata come una bruschetta affumicata, e un infuso alla nepitella, nota anche come mentuccia.

Siamo pronti per viaggiare. La prima tappa consiste in una bagnacauda piemontese rivisitata con aggiunta di riduzione ai ricci di mare. Mari e monti si scontrano e incontrano sulla tavola. (Ormai) non può più mancare il burro, qui aromatizzato con capperi chilometro zero, da spalmare golosamente sul pane tiepido della casa. Per non farsi mancare nulla, vengono servite anche alcune delizie da forno come lo sfincione, sormontato da ricotta, acciuga e grana. Intervallo con una granita al limone e polvere di peperoncino, che pulisce come per magia.

Passiamo ora alle “entrées”. Buonissima la Murena 3.0, delicatamente cotta al vapore, servita in varie consistenze e sormontata da un particolare tipo di alga della zona, odori di rosmarino. A seguire, un tataki di pesce spada, cotto alla perfezione (quindi leggermente scottato), con marmellata di pompelmo, alga wagame, dalle proprietà ricostituenti, e cipolla caramellata che contrasta l’amaro dell’agrume.

Non è scontato capire che questo non è che un’anticamera… Facciamo posto ai primi, grandi protagonisti della cucina mediterranea. La pasta con le sarde viene presa e rivista in chiave moderna: lo spaghetto annega in una salsa grezza e golosa di alici e finocchietto. Non si scoraggino i meno intrepidi di fronte al bivio: arduo scegliere tra i delicati tortelli in brodo di gallina, gambero rosso e tartufo nero (particolarissimo e tipico delle zone di Norcia e Spoleto), e i più decisi mezzi paccheri con nero di totano, tuma persa (un formaggio raro dal sapore pastoso) e bieta croccante. Entrambe le portate raccontano una versione dell’isola, storie di produttori, odori forti, terra dura.

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Letizia Ceriani

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