Russia e Brexit, trema l’agroalimentare italiano

In quasi due anni il taglio delle esportazioni in Russia è costato oltre 600 milioni di euro all’agroalimentare italiano, di cui circa la metà è dovuto al completo azzeramento delle spedizioni di ortofrutta, formaggi, latticini, carni e salumi italiani interessate direttamente dall’embargo.

Lo ha stimato la Coldiretti, che ha radunato a Verona 10 mila produttori e allevatori per la manifestazione di protesta contro l’embargo russo (a cui ha partecipato anche il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina) destinato a prolungarsi almeno fino alla fine del 2017.

Mele, pesche, kiwi, uva da tavola, Grana Padano Dop e Parmigiano Reggiano Dop, Prosciutto di Parma Dopo e di San Daniele Dop sono i principali prodotti Made in Italy che non possono più finire nei negozi, ristoranti e sulle tavole in Russia.

Il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo (nella foto col ministro Martina) ha posto l’accento sui pericoli della contraffazione, spiegando che «dobbiamo agire per riprenderci gli scaffali dei supermercati russi che oggi sono pieni di prodotti che richiamano l’italianità che sono dei falsi, tutti prodotti rigorosamente in Russia».

«Questa situazione oggi rischia di aggravarsi con Brexit, con la svalutazione della sterlina e con la messa a rischio di un mercato, quello della Gran Bretagna, che per noi italiani rappresenta il quarto mercato estero di sbocco per il nostro agroalimentare» ha aggiunto Moncalvo.

La stessa Coldiretti, però, nei giorni scorsi aveva rassicurato sugli effetti della Brexit insieme a Federalimentare e Alleanza delle coop, spiegando che le conseguenze peggiori saranno per gli inglesi.

La Gran Bretagna è il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari nazionali Made in Italy con un valore annuale di 3,2 miliardi delle importazioni dall’Italia e una tendenza progressiva all’aumento. In particolare nel 2016 il Regno Unito è diventato il primo mercato mondiale dello spumante italiano.

Ma quei 3,2 miliardi (almeno in parte) sono messi a rischio dalla perdita di valore della sterlina sull’euro, che ha l’effetto di rendere più caro per gli inglesi l’acquisto di cibi italiani come vino, pasta, ortofrutta e formaggi.

A preoccupare sono anche l’eventuale apposizione di dazi, l’arrivo di certificazioni obbligatorie e l’entrata in vigore di una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane.

 

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