Quando il menù inganna: riflessioni sul sistema sanzionatorio a tutela delle Dop

di Ginevra Righini (partner, DLA Piper)

Le denominazioni di origine protetta (DOP) e le indicazioni geografiche protette (IGP), che rappresentano un patrimonio economico, sociale e culturale europeo, godono in Unione Europea di un sistema di tutela tra i più estesi e rigorosi al mondo. Dal 13 maggio 2024, il nuovo Regolamento (UE) 2024/1143 ha rafforzato tale tutela, includendo tra le condotte vietate anche quelle che possano indebolire o svigorire la reputazione del nome protetto, e non solo il suo sfruttamento indebito.

La vicenda recentemente riportata dai quotidiani – relativa a due ristoratori sanzionati per aver indicato in menu “Parmigiano” servendo invece Grana Padano – dimostra l’efficacia del sistema di vigilanza sulle DOP.

Si tratta di una violazione che ricade nella disciplina sanzionatoria prevista dal Decreto Legislativo 19 novembre 2004, n. 297, adottato in attuazione del Regolamento (CEE) n. 2081/92 (ora sostituito dal citato Reg. 2024/1143). In base agli articoli 1 e 2 del decreto, è punito chi utilizza in modo scorretto una denominazione protetta, compresi i casi di evocazione o indicazione ingannevole nei confronti del consumatore.

Nel caso specifico, le sanzioni irrogate ai ristoratori – pari a 4.000 euro – risultano pienamente conformi al principio di proporzionalità, codificato anche nel diritto dell’Unione (art. 139 del Regolamento (UE) n. 2017/625). La sanzione, infatti, è inferiore al massimo previsto dall’art. 2 del d.lgs. 297/2004 (fino a 13.000 euro), ed è stata comminata per un comportamento suscettibile di ledere la reputazione di un prodotto DOP presso il consumatore, ancorché non caratterizzato da dolo.

In tale contesto, merita richiamare la sentenza della Corte costituzionale n. 40/2023, che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 4, comma 1, primo periodo, del d.lgs. 297/2004, nella parte in cui prevedeva una sanzione fissa di 50.000 euro per ogni inadempimento da parte degli organismi di controllo, senza possibilità di modulazione in base alla gravità dell’infrazione. La Corte ha ribadito che le sanzioni devono essere “effettive, proporzionate e dissuasive” e che l’imposizione automatica di sanzioni elevate, anche in caso di infrazioni minori, contrasta con il principio di eguaglianza e di ragionevolezza sanciti dall’art. 3 della Costituzione.

Il ragionamento della Consulta può essere esteso anche alle condotte dei soggetti della filiera (ristoratori inclusi), e rafforza la legittimità di un sistema in cui la sanzione non è solo deterrente, ma calibrata sul disvalore effettivo del comportamento, in ossequio ai principi di diritto interno e sovranazionale.

In definitiva, la vicenda offre un utile spunto per ribadire l’importanza di una corretta informazione al consumatore e del rispetto dei disciplinari da parte di tutti gli operatori, anche nella ristorazione. L’impiego commerciale di un nome registrato per prodotti che non oggetto di registrazione L’uso della DOP “Parmigiano Reggiano” o di una parte di tale denominazione per un prodotto comparabile – pur se anch’esso DOP – comporta un serio vulnus alla DOP, alla trasparenza del mercato e alla fiducia del consumatore. E il sistema giuridico europeo e italiano, oggi come ieri, è attrezzato per reagire.

Letizia Ceriani

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