Mater Bistrot, naturalmente radical funky

di letizia ceriani

Mater Bistrot apre nel 2018 e da allora non c’è giorno esente da full booking. In Via Pasquale Sottocorno, oggi tra le più vivaci cornici gastronomiche milanesi, il ristorante (che è bistrot, vineria, place to be…) dello chef imprenditore Alessandro Leone si distingue per la firma moderna, golosa e funky di cui piatti e atmosfera si impregnano. Anche il 5 gennaio – tornando a noi – il locale riempie la sua trentina di coperti con disinvoltura. In cucina (a vista) si destreggia una piccola brigata, giovane ed energica.

Come si mangia da Mater? Il menù è senza dubbio contemporaneo, bando alla tradizione più ortodossa, ma i piatti mantengono, nonostante gli accostamenti coraggiosi, un estremo equilibrio. Acidità, dolcezza, grassezza e verticalità abitano la carta di Mater, composta da piattini in stile tapas à partager e piatti più completi. C’è anche la possibilità di farsi “guidare bendati” dalla cucina concedendosi a 4, 5 o 6 portate, ma è seducente l’idea di lasciarsi andare a un creativo assaggio alla “di tutto un po’”. La carta dei vini è squisitamente scelta e votata ai metodi più alternativi: molti biodinamici, naturali e tanto estero. Ottimi anche i cocktail, alcuni divenuti signature. Noi optiamo per il friulano Perle d’uva 2011 di Gaspare Buscemi, una cuvée che riposa due anni sui lieviti ma a cui l’aggiunta di un’annata più snella regala una certa freschezza e mineralità. Vino complesso ma elegante ben si addice a un tutto pasto così divertente.

Per cominciare, qualche piattino in condivisione. Sembra di essere a Roma (ma un po’ più fancy) addentando il carciofo alla giudia, meno carnoso dell’originale, ma saporitissimo; quasi chips i petali.

Come non farsi tentare dalla tartare di Fassona, qui sceltissima dell’azienda a conduzione famigliare piemontese Danilo Cazzamali, condita con una pasta all’alga nori e scalogno marinato alla senape. Un’armonia di crudo.

Interessantissimi i nighiri, serviti su una salsa verde al wasabi, dove il piccante è compensato in modo impeccabile, zenzero in salamoia e una tataki di ventresca di tonno. Anche qui, proteina di alta qualità.

Scegliamo due piattini vegetali – ce ne sono tantissimo in carta, chapeau! La rivisitazione della lasagna consiste in una verza al carbone stratificata con una gustosissima besciamella al parmigiano e il soffritto del ragù. Potrebbe essere tranquillamente un primo piatto. Chiudiamo la degustazione di tapas con i funghi alla brace, adagiati su una salsa al melograno, colatura di porcini e terra alla fava di cacao. Si sente davvero la brace, si percepisce il bosco, e la spinta acida del melograno, unita a quella del cacao, creano un connubio notevole.

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Letizia Ceriani

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