Mancia, sì o no?

*a cena con diritto

Sta facendo discutere social e opinione pubblica la proposta di un restaurant manager di rendere obbligatoria la mancia al ristorante, per – a detta del soggetto interessato – ridare fiato economico e un sostegno concreto a chi lavora tra sala e cucina.

Ma cosa prevede la legga italiana? La mancia, una volta corrisposta, viene trattenuta dal singolo lavoratore o, ad esempio, va divisa con il personale in servizio? Pur non essendoci nel nostro ordinamento alcuno specifico provvedimento in materia, non è un obbligo di legge lasciare la mancia a chi ci ha servito, ma è un gesto spontaneo e volontario quale riconoscimento economico per la qualità del suo operato.

È chiaro che l’importo extra ottenuto (in contanti o con pos) rappresenta una gradita entrata in più per chi la riceve, da considerarsi a tutti gli effetti un reddito da lavoro subordinato sottoposto, sulla base della legge di bilancio 2023, ad una tassazione pari al 5%, purché il reddito annuale del collaboratore non ecceda la soglia di 50mila euro e l’ammontare delle mance non vada oltre il limite il 25% del reddito complessivo.

Con la legge di bilancio 2025, a partire dallo scorso 1° gennaio, possono beneficiare di tale tassazione agevolata tutti i lavoratori con un reddito annuo non superiore a 75mila euro e la somma delle mance non ecceda il limite del 30% del reddito percepito nell’anno di riferimento (quindi la sola parte eccedente sarà soggetta a tassazione ordinaria e andrà conteggiata nei contributi INPS nel TFR).

In termini di percezione e gestione delle mance, occorre tener conto di eventuali accordi collettivi o aziendali per cui non è da escludere che alcuni prevedano che il lavoratore che l’ha percepita possa trattenerla integralmente per sé e altri che vengano suddivise tra tutti gli addetti al servizio, con conseguenti provvedimenti disciplinari o persino di licenziamento per chi li abbia violati.

*di alessandro klun

Letizia Ceriani

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