La Corte di Giustizia Ue: per la soia non si usi la parola latte

«I prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni come ‘latte’, ‘crema di latte’ o ‘panna’, ‘burro’, ‘formaggio’ e ‘yogurt’, che il diritto dell’Unione riserva ai prodotti di origine animale». Lo ha stabilito la Corte di Giustizia della Ue. «Ciò vale anche nel caso in cui tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione», aggiunge la Corte, che si è espressa su un caso sollevato in Germania.

La controversia vede opposte la società TofuTown, che produce e distribuisce alimenti vegetariani e vegani con denominazioni quali ‘burro di tofu’ e ‘Veggie-Cheese’, e la Verband Sozialer Wettbewerb, un’associazione tedesca che si batte contro la concorrenza sleale. La Corte ha dato ragione all’associazione, ricordando che le leggi dell’Ue riservano, con poche e ben definite eccezioni, le denominazioni in questione esclusivamente ai prodotti di origine animale e che quindi la TofuTown viola la normativa dell’Unione.

«La denominazione latte – sottolinea la Corte – è riservata esclusivamente ai prodotti della secrezione mammaria normale, ottenuti attraverso una o più mungiture, senza alcuna aggiunta o sottrazione».

Esulta la Coldiretti, secondo cui «la confusione generata dall’uso della parola latte per bevande vegetali, come quello la soia, che hanno raggiunto in Italia un valore al consumo di 198 milioni di euro con un incremento del 7,4% nell’ultimo anno, inganna i consumatori e fa chiudere le stalle».

I prodotti vegetariani e vegani, sottolinea la Coldiretti, «non possono pertanto essere chiamati con nomi di alimenti di origine animale, in particolare latticini, ponendo fine ad un inganno che riguarda il 7,6% di italiani che segue questo tipo di dieta».

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