Donne in Campo-Cia, aziende agricole femminili in crisi

Trainano la transizione verde. A loro sostegno, servizi migliori in aree rurali, presidi sanitari e consultori.

Soffrono la crisi causata dalla pandemia e, in un anno, sono passate da quota 210.402 a 207.991. Sono le aziende a conduzione femminile registrate per il 2020 da Unioncamere, con un calo di 2.411 imprese, l’1,15%.

A evidenziare il quadro della situazione è Donne in Campo, l’Associazione al femminile di Cia-Agricoltori Italiani che sottolinea quanto queste aziende siano, in realtà, le più impegnate nella sicurezza alimentare e nel biologico, nella custodia e nella valorizzazione della biodiversità.

Sono sostenitrici della tutela del paesaggio e del territorio. In sostanza – precisa Donne in Campo-Cia – rappresentano la parte candidata a essere capofila nella costruzione e attuazione della transizione ecologica e sostenibile.

“È necessario sostenere queste imprese, impegnate a ricucire gli strappi tra la sostenibilità economica e quella ambientale e sociale”, afferma la presidente di Donne in Campo-Cia, Pina Terenzi.

Serve, quindi, rendere stabile il Bonus Donne in Campo e in generale rafforzare gli strumenti di credito. Serve anche favorire l’accesso alla terra da parte delle donne che, a tutte le età […] desiderano impegnarsi in agricoltura”.

“Ci aspettiamo molto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – aggiunge Terenzi-. Come Donne in Campo, chiediamo che parte delle risorse del recovery vengano utilizzate per finanziare, sostenere e diffondere le esperienze di cui alcune già avviate, come la costruzione di filiere sostenibili, la produzione di fibre vegetali per tessuti e piante tintoree per le colorazioni naturali, ma anche finanziando progetti di ricerca per lo studio di nuove fibre vegetali per bioplastiche ed altri materiali. E ancora, occorre avviare un reale incremento della produzione di erbe officinali per erboristeria e industria farmaceutica e lavorare per costruire vera aggregazioni di prodotto”.

Secondo l’associazione è , inoltre, necessaria la formazione per il settore vivaistico sul recupero della biodiversità, come anche progetti di rigenerazione del suolo. In particolare, la formazione sul valore del patrimonio culturale e paesaggistico, è una leva economica cruciale, insieme al rilancio delle reti di imprese e cooperazione.

“Il Recovery Plan – conclude Terenzi- dovrà impegnare risorse anche per migliorare i servizi nelle aree rurali, garantendo i presidi sanitari, ma anche rilanciando la rete dei consultori familiari che hanno svolto un ruolo strategico nei territori a sostegno delle donne e della famiglia, garantendo e sostenendo anche il diritto delle stesse alla maternità”, conclude Terenzi.

 

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