Le banche italiane scommettono sulle Donne del vino

Sono le imprese più piccole a cercare l’aiuto delle banche e il denaro, dal 72% delle Donne del vino, è impiegato per nuovi investimenti.

L’accesso ai finanziamenti non risulta un tabù per le imprese del vino al femminile. Un’analisi dell’Università di Siena sul tema “donne e accesso al credito”, storico handicap delle imprese al femminile, mostra, infatti, un cambiamento di rotta.

L’indagine, condotta dal professor Lorenzo Zanni (nella foto), ha riguardato 167 rispondenti, di cui 127 con cantina, fra le 890 Donne del Vino. L’associazione, presieduta da Donatella Cinelli Colombini (nella foto, sotto), comprende produttrici di vino, titolari di ristoranti, enoteche, professioniste attive come sommelier, giornaliste.

 

 

Il questionario dell’analisi – presentata all’apertura di Wine&Siena, evento organizzato da Hunter Helmuth Köcher, presidente del Merano WineFestival , e da Confcommercio Siena – è stato sottoposto alle 890 Donne del vino italiane. Sono 167 le socie che hanno risposto al questionario, il 56,9% è del Nord Italia. Il 65% delle intervistate ha chiesto un credito negli ultimi 10 anni, e spesso il finanziamento è inferiore alle attese ma solo il 3% si è vista negare l’erogazione. Da notare, inoltre, l’alta percentuale delle imprese che si sono basate solo sul proprio capitale.

Colpisce che siano state soprattutto le imprese più piccole, quelle sotto i due milioni di fatturato annuo, a cercare l’aiuto delle banche. Si tratta di una dimostrazione di grande dinamismo perché questo denaro è stato impiegato per nuovi investimenti (72%) e non per la conduzione aziendale.

La richiesta di credito è legata alla volontà di accrescere qualità, remuneratività e dimensione produttiva. A posteriori gli stessi obiettivi permangono anche oggi mentre è cresciuta la sensibilità ambientale e l’interesse per l’export ad ampio raggio. Il 50% del campione ha richiesto il credito a banche locali, il 41,8% a banche e istituti di credito nazionali e il 4,7% ad altre fonti di finanziamento.

L’identikit della Donna del Vino con cantina che ha fatto richiesta di credito ci mostra una titolare o una responsabile di un settore dell’azienda di famiglia. Ha un’età media di 42 anni con circa 12 di esperienza nell’impresa. Nel 52% dei casi ha in tasca una laurea e per la quasi totalità (90,7%) un’esperienza professionale precedente in un settore diverso.

“L’esser donna non sembra aver influenzato negativamente l’accesso al credito, ma questa percezione può riflettere la composizione del campione delle intervistate: livello di istruzione elevato, donne mature e con un’esperienza decennale nell’azienda, spesso proprietarie della stessa, con una tradizione familiare alle spalle, coinvolte in un’associazione di donne imprenditrici” ha detto il professor Zanni che insieme a Elena Casprini e Tommaso Pucci, ha effettuato lo studio.

Se l’accesso ai finanziamenti non risulta un tabù per le imprese del vino al femminile, le donne dichiarano comunque una certa difficoltà a gestire le relazioni con il mondo del credito mentre emerge. “Si ricorre quasi unicamente al credito bancario e in genere si bilancia la richiesta di credito a banche locali e nazionali” ha rilevato Zanni dando un giudizio positivo, anche se forse troppo prudente, al management femminile del vino.

L’analisi deve sicuramente tenere presente del momento favorevole dell’agricoltura e del vino italiano. “Le cantine italiane, negli ultimi cinque anni, hanno accresciuto fatturati e margini (+3,9% e + 5,8%), hanno esportato di più e hanno visto salire il valore delle vigne dell’1,2% ogni anno”, ha sottolineato la presidente delle Donne del Vino.

«Le donne dirigono imprese che coprono il 21% della superficie agricola coltivabile SAU ma producono il 28% del Pil agricolo italiano. In Europa, il 42% di chi lavora in agricoltura e donna pari a oltre 26 milioni di persone» ha ricordato la produttrice siciliana Lilly Fazio.

Ecco spiegato perché il campione delle Donne del Vino, quasi un’élite dell’enologia al femminile, ha mostrato la luce alla fine del tunnel del gender gap sul credito alle imprese in rosa.

“Un gap che comunque esiste” precisa il professor Zanni presentando gli esiti dell’indagine. In effetti il Global Gender Gap Report del 2018 mette l’Italia è a 70esimo posto su 149 Paesi. L’Istat usando i dati Inps ha rivelato che esiste una forbice fra il salario maschile e femminile che va dal 4% del settore pubblico, al 20% nelle imprese private fino al 38% fra i liberi professionisti.

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