Danno da matrimonio rovinato. Il risarcimento è dovuto?

*di alessandro klun

Il periodo annuale dei matrimoni è ormai agli sgoccioli. Alla luce di recenti episodi di cronaca cosa accade, per esempio, se in occasione del banchetto nuziale le portate servite sono quantitativamente e/o qualitativamente inadeguate rispetto al numero degli ospiti o abbiano portato problematiche di salute?

Questa è una delle fattispecie in cui gli sposi danneggiati possono promuovere un giudizio avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del c.d. “danno da matrimonio rovinato”, che include il ristoro di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, previa declaratoria di risoluzione del contratto per inadempimento della parte incaricata della preparazione e realizzazione del ricevimento nuziale.

A tal fine è necessaria prova rigorosa del pregiudizio sofferto dagli sposi.

Pertanto, ottenuta la risoluzione contrattuale, va riconosciuto ai coniugi, onerati della relativa dimostrazione, il diritto al risarcimento della suddetta fattispecie dannosa tanto sotto il profilo patrimoniale, in termini di restituzione degli eventuali acconti corrisposti o dell’intero saldo concordato per l’organizzazione del servizio, quanto sotto il profilo non patrimoniale.

Focalizzando l’attenzione sul danno non patrimoniale, si può affermare che questo si manifesta quale conseguenza della lesione di diritti inviolabili ex art. 2 della Costituzione, considerato il valore riconosciuto alla cerimonia nuziale.

E’ del tutto evidente il sorgere, in tali ipotesi, di un profondo e prolungato stato di preoccupazione, malessere, disagio, ansia, stress, imbarazzo nei confronti dei presenti, lesione alla reputazione e immagine, con inevitabili riflessi anche successivi alla cerimonia, nella memoria incancellabile di un giorno unico come quello del matrimonio.

In ambito giurisprudenziale, va segnalata la sentenza 15.02.2018  del Tribunale di Paola che ha riconosciuto in favore degli sposi il danno da matrimonio rovinato conseguente all’inadempimento contrattuale dell’organizzatore della cerimonia, attesa la dimostrazione raggiunta in giudizio, della loro sofferenza conseguente a sentimenti di rabbia, dispiacere e imbarazzo provati dinanzi ai propri invitati, incluso l’aver dato l’idea di essersi rivolti ad un soggetto inadeguato all’organizzazione del ricevimento e che, peraltro, ha somministrato alimenti di scarsa qualità, se non addirittura dannosi alla salute.

Tale decisione trova conferma nell’ordinanza n. 26485 del 2019 della Corte di Cassazione che, accertato l’inadempimento dell’organizzatore il banchetto nuziale, con corrispondente risoluzione contrattuale e riduzione del compenso originariamente concordato,  tuttavia, ha escluso l’automatico riconoscimento del danno non patrimoniale a favore dei coniugi,  non avendo questi offerto alcuna prova al riguardo. 

In definitiva, se l’attività ristorativa incaricata della realizzazione del banchetto nuziale si rivela inadempiente ai propri obblighi, gli sposi danneggiati, previo accertamento e declaratoria giudiziale di risoluzione contrattuale, potranno chiedere e ottenere il risarcimento del danno patrimoniale e non quest’ultimo a condizione che venga rigorosamente provato

*a cena con diritto

Letizia Ceriani

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