Chef, Cerea e Alajmo i signori della cucina italiana

di Gabriele Perrone

Piovono milioni sulle cucine stellate. In Italia oggi sono 343 i ristoranti che possono esibire il prestigioso fregio della guida Michelin. Un collettivo formato sempre più da cuochi-imprenditori che, nell’ultimo anno, secondo la società di consulenza turistica Jfc, ha mosso un giro d’affari complessivo di 259 milioni di euro. Una stella vale in media 708.247 euro di fatturato, mentre con due stelle si sale a 1 milione e 124.604 euro e con tre stelle la cifra arriva a 1 milione e 540mila euro.
Ma dietro a questi numeri, chi sono gli chef-imprenditori con il giro d’affari più alto? Foodcommunity.it ha raccolto i dati ufficiali di Infocamere e Cerved (più le stime in base alle dichiarazioni degli stessi chef nel corso di interviste a MAG) sui bilanci delle società legate ai cuochi italiani e ha incrociato i loro fatturati per capire chi siano veramente i “signori” della cucina italiana sul fronte economico. I dati sono riferiti all’anno 2015, ultimo disponibile nei diversi data base consultati.

I Cerea davanti a tutti
Al primo posto, con 15,4 milioni di euro, c’è l’impresa Da Vittorio Srl legata all’omonimo ristorante 3 stelle Michelin della famiglia Cerea a Brusaporto (Bergamo).
Le attività dei Cerea sono all’insegna della diversificazione e comprendono il relais La Dimora, la struttura specializzata in banchetti Cantalupa, il caffè-pasticceria Cavour in Città Alta e la società di catering Vi.co.ok (creata nel 2008) attiva in tutto il mondo, da Hong Kong a New York, da Parigi ad Abu Dhabi. Il progetto di ristorazione collettiva opera anche in scuole, ospedali e strutture pubbliche.
All’estero i Cerea sono attivi con il ristorante Da Vittorio St.Moritz presso il Carlton Hotel ed entro il 2018 preparano lo sbarco in Cina, precisamente nel Palazzo Versace di Macao.
A incrementare il fatturato della famiglia bergamasca ci sono inoltre prestigiose consulenze esterne, la scuola di cucina e libri. A maggio i fratelli Enrico, Roberto e Francesco Cerea hanno anche firmato la cena dell’ex presidente americano Barack Obama a Milano.

L’impero degli Alajmo
In seconda posizione troviamo la società Alajmo Spa dell’omonima famiglia veneta, capitanata dai fratelli Raffaele e Massimiliano, a quota 11,2 milioni di euro (in crescita nel 2016, come riportato sul numero 75 di MAG).
Fanno parte del gruppo 10 locali: il ristorante tristellato Le Calandre, il bistrot Il Calandrino e il negozio di alimentari In.Gredienti a Sarmeola di Rubano (Padova); il ristorante La Montecchia e il bistrot ABC Montecchia a Selvazzano (sempre in provincia di Padova); il ristorante Quadri, il bistrot ABC Quadri, il Gran Caffè Quadri e Amo a Venezia; il Caffè Stern a Parigi.
Dal 2010 l’azienda Alajmo è partecipata dal fondo di private equity Venice, controllato da Palladio Finanziaria, che ha il 25% delle quote societarie.
La ristorazione ha una percentuale di circa il 70% sul giro d’affari dell’impresa (Le Calandre fattura da solo quasi 2 milioni) che nel corso negli anni ha sviluppato altre attività con il marchio Alajmo: dall’editoria al design, dal catering per eventi alla vendita di prodotti alimentari.

Da Cracco a Cannavacciuolo
Più distanziati, sul fronte economico, gli altri chef stellati. Alcuni sono titolari di imprese, altri hanno delle partecipazioni in aziende con dei soci.
Al nome di Carlo Cracco sono legate le società Cracco investimenti (consulenze per 1.229.674 euro), Carlo e Camilla (2.301.038 euro) e Hugo 4 Srl (3.963.911 euro) per un totale di 7,5 milioni di euro.
Nell’orbita dell’ex giudice di MasterChef, volto di alcune pubblicità, ci sono il ristorante Cracco a Milano (che si sposterà da via Hugo a Galleria Vittorio Emanuele nell’autunno 2017), il locale Carlo e Camilla in Segheria e il ristorante Ovo all’interno dell’hotel 5 stelle Lotte di Mosca, il primo all’estero.
Lo chef Giancarlo Perbellini (titolare della società Colori di cuoco) gestisce sei locali più un hotel a Verona, un ristorante a Venezia e una locanda a Hong Kong. Solo Casa Perbellini, il ristorante bistellato aperto nel 2014 a Verona, ha un giro d’affari di 1,3 milioni di euro, a cui si aggiungono la Locanda 4 Cuochi, la tavola di mare Al Capitan della Cittadella, la pizzeria Du De Cope, la pasticceria Dolce Locanda, il tapas-bar Tapasotto e il mini-hotel Cinque (per un fatturato di circa 6 milioni di euro). A Venezia, invece, Perbellini firma il menù del Dopolavoro all’interno del JW Marriot Venice Resort sull’Isola delle Rose, mentre a Hong Kong c’è la Locanda by Giancarlo Perbellini in partnership con il gruppo Dining Concepts.
Secondo i dati di Infocamere, la società Ca.pri che fa capo ad Antonino Cannavacciuolo e gestisce il ristorante-hotel Villa Crespi a Orta San Giulio (Novara), fattura 5,2 milioni di euro. Il giudice di MasterChef e Cucine da incubo, autore di libri di ricette, ha inoltre fondato la Cannavacciuolo Consulting (giro d’affari di 152mila euro) per gestire nuove attività nel settore turistico-alberghiero e nella ristorazione, come l’apertura del nuovo bistrot a Torino e della nuova pasticceria Cannavacciuolo Bakery a Novara, dove è già presente con il suo Cafè & Bistrot.

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