Una carta d’identità per i vini, si comincia dall’Alto Adige

di francesca corradi

Enologia e informatica insieme per prevenire la contraffazione del vino e ampliare la conoscenza dei vitivinicoltori altoatesini. La collaborazione tra questi due mondi, molto diversi tra loro, è alla base di un progetto di ricerca interdisciplinare. Lavorano in tandem Facoltà di Scienze e Tecnologie e Scienze e Tecnologie informatiche e dell’azienda vinicola Franz Haas, partito oltre un anno fa e che sta cominciando a dare i suoi frutti.

Wine-ID” è una dimostrazione del contributo che possono fornire le moderne tecnologie in campo alimentare e le tecniche di elaborazione dei dati.

Cosa rende davvero un vino inconfondibile e quali sono le variabili – dalla pianta alla conservazione – che ne determinano la qualità? È una domanda a cui gli intenditori di vino rispondono con la degustazione, mentre gli enologi contribuiscono con la tecnica di cantina, l’istinto e l’esperienza.

Lo studio vuole definire l’impronta digitale di varie tipologie di Pinot nero e Pinot bianco. Si parte dall’uva, lungo tutta la filiera di produzione, fino al prodotto finale.

Con questa impronta digitale molecolare si ottiene anche un profilo sensoriale che ci mostra sia i fattori che determinano la presenza di alcuni componenti del vino sia i sapori di cui sono responsabili.

Sulla base dell’analisi di un campione di una bottiglia di vino, si può definire la storia produttiva e il potenziale qualitativo che può esprimere.

L’obiettivo ultimo, di fatto, è quello di comprendere il legame tra l’impronta digitale molecolare e il profilo sensoriale del vino, e di utilizzare questo rapporto per valutarne l’identità e autenticità.

Questo non significa che in futuro i vini saranno prodotti con computer e algoritmi. La cantina avrà uno strumento decisionale e di difesa del prodotto in più.

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