Caro affitti, la ristorazione rinegozia

I ristoratori, in crisi, chiedono sconti e nuovi contratti di locazione a scaletta o  variabili in base al fatturato.

 di francesca corradi

L’affitto pesa sempre di più sulle tasche degli imprenditori del food raggiungendo quello che, da sempre, è la spesa più alta, ovvero il personale. I prezzi, specialmente nelle grandi città, rappresentano un costo fisso non più sostenibile. Si va da un 5-7% fino a un 15-20% di incidenza sul fatturato.

 

Le uscite sono rimaste pressoché invariate ma le entrate crollate. Non è un caso dunque che quello dei contratti di locazione sia, ora, una delle priorità e delle preoccupazioni per i titolari di bar e ristoranti. Da marzo a giugno hanno perso, in un sol colpo, circa il 67% degli introiti.

 

Chi stipula oggi un nuovo contratto può beneficiare di canoni più bassi fino al 15% rispetto a un anno fa. Un vantaggio che viene mantenuto per tutta la durata della locazione, solitamente della durata di sei anni. Chi invece ne ha già uno in essere, deve fare i conti con il proprietario che non sempre è d’accordo a rinegoziare l’affitto.

 

Esperti del settore immobiliare e imprenditori hanno raccontato a MAG il fenomeno.

 

Lo scenario

Il settore immobiliare commerciale, in generale, è stato fortemente penalizzato dal Covid, in particolare la ristorazione. Il comparto è andato in sofferenza nelle città con alti flussi turistici, come Roma, Firenze e Napoli, e con un importante ricorso allo smart working.

«Chi stava cercando un immobile prima della pandemia si è fermato per capire come riorganizzare l’attività – afferma Fabiana Megliola (nella foto, sopra), responsabile ufficio studi Gruppo Tecnocasa -. I canoni di locazione a livello nazionale sono in diminuzione così come i prezzi: sulle vie di passaggio hanno segnato rispettivamente -3,4% e  -3,3%. Si stanno studiando formule, per chi stipula un nuovo contratto, che preveda un canone più contenuto all’inizio per poi incrementarlo negli anni successivi oppure prevedere un affitto commisurato agli scontrini battuti».

 

Milano, capitale del food

Le attività di ristorazione sembrano resistere nel centro del capoluogo lombardo e, secondo Tecnocasa, nonostante gli incassi a ribasso non si riscontrano chiusure importanti.

 

 

«Tengono  via Marghera, via Ravizza e  via Sanzio, dove in questi anni si è creata una  sorta di “isola” dedicata alla ristorazione e alla movida formato famiglia», racconta Megliola. I canoni in questa zona oscillano da 500 a 1000 euro al metro quadro annuo. La nuova area City Life Shopping District sembra, invece, accusare il colpo anche  per la chiusura degli uffici delle torri. Discorso diverso sui Navigli, un’area frequentata soprattutto da giovani e persone locali, dove gli affitti arrivano a 700 euro al metro quadro annuo.

Se per la città meneghina assistiamo a un moto centrifugo della ristorazione verso la periferia, in altre città lombarde la destinazione dei desideri resta il centro. Continuano a essere fondamentali la visibilità e il passaggio, sia veicolare sia pedonale.

«Credo che il lockdown e l’emergenza sanitaria abbiano funto da acceleratore di trend già in essere anche per location in città secondarie della Lombardia – afferma Alessandro Nobile, office manager Engel & Völkers Commercial Lombardia -. Penso soprattutto a Bergamo: oggi vediamo che a muovere le fila della ristorazione sono soprattutto imprenditori legati a brand e società più strutturate, magari con qualche punto vendita già aperto a Milano. Anche Monza suscita l’appetito dei retailer food. Per quel che riguarda, invece, Brescia ci aspettiamo che le prossime aperture di McDonald’s e Temakinho contribuiscano a fare da apripista all’arrivo di più brand internazionali».

Nel vicino Piemonte, in particolare la zona della movida torinese di San Salvario, le attività di somministrazione hanno tenuto. Qui, secondo Tecnocasa, si registrano canoni di 240 euro al metro quadro e sono state fatte diverse operazioni di rinegoziazione  degli affitti fino al 31 dicembre.

 

A Firenze e Roma manca il turismo

Scendendo lungo la Penisola la situazione peggiora. Il mercato immobiliare dei locali commerciali del centro storico di Firenze continua a essere negativamente impattato dal crollo del turismo, con la liberazione di numerosi spazi. A resistere sono soprattutto i grandi brand o le imprese storiche della ristorazione.

Lo stesso copione si verifica nella Capitale: regge soltanto chi ha la liquidità necessaria o è riuscito a rinegoziare i canoni. Va un po’ meglio in aree come Trastevere che, come Testaccio e Campo dei Fiori, potrebbero essere però penalizzate dal temuto coprifuoco. Sulle arterie principali gli affitti arrivano a 600 euro al metro quadro annuo. Sale l’interesse per le zone più periferiche e di maggior passaggio come Ostiense, Garbatella, Montagnola quartieri più popolari dove i prezzi, quasi, si dimezzano.

A Napoli il lockdown ha avuto un forte impatto: Spaccanapoli e San Domenico Maggiore le zone più in difficoltà. Nelle vie più importanti come via Toledo e piazza Garibaldi la domanda è, comunque, sempre elevata. Gli affitti possono arrivare anche a 400 – 500 euro al metro quadro annuo.

 

Il centro città batte gli shopping mall

La situazione in Sicilia rispecchia un po’ quella di tutta Italia. Secondo Engel & Völkers, nonostante alcuni  grandi marchi stiano mantenendo invariati i piani di sviluppo per il 2020, molti altri stanno proponendo canoni di locazione basati su una percentuale del fatturato con un minimo garantito, invitando così il landlord a partecipare al rischio imprenditoriale dell’attività che ospita, con entrate variabili in relazione al fatturato.

«Abbiamo difatti potuto apprezzare una flessione di circa tre punti percentuali nell’incidenza della voce di costo “locazione” all’interno del bilancio aziendale, con una variazione dal 9% al 6% del fatturato.  L’emergenza ha reso attuali trend prima solo in potenza: il centro città batte gli shopping mall, da tempo in cattiva salute», racconta Niccolò Santocchini, head of retail services Catania e Palermo di Engel & Völkers.

La voce dei ristoratori

È difficile fare una stima precisa…

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