Baratto come pagamento. Si può?
*a cena con diritto
Per far fronte agli aumenti del costo del caffè, un locale bar ha lanciato un’iniziativa particolare: accetta il baratto come pagamento, ossia prodotti gastronomici in cambio di una tazzina di caffè. Ma cosa dice la legge?
Nel nostro ordinamento il baratto è consentito e rientra nel contratto di permuta disciplinato dal Codice civile, all’art. 1552 che lo definisce come “il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro”.
Trattasi di un contratto che richiede il consenso delle parti sul valore reciproco dei beni o servizi scambiati senza l’uso di denaro e, come in questo caso, avendo ad oggetto solo beni mobili, non è necessaria la forma scritta.
Ciò significa che la permuta si perfeziona con la sola consegna delle cose o con la prestazione del servizio.
La differenza rispetto alla vendita è chiara, visto che con la permuta non viene concordato un corrispettivo monetario e non c’è trasferimento di denaro, trattandosi esclusivamente di scambio di beni, trasferiti al momento della consegna, o di servizi, quando questi ultimi sono prestati.
Per legge, ricorre la permuta anche nell’ipotesi in cui i contraenti abbiano esplicitamente pattuito dei conguagli in denaro, se una cosa rispetto all’altra abbia un maggior valore economico: si verifica quando, in uno scambio di beni , uno dei due ha un valore maggiore dell’altro e chi ne ha la disponibilità giuridica paga una somma di denaro in aggiunta per bilanciare la differenza di valore.
*di alessandro klun