Ristorazione e… haters

*a cena con diritto

Sono in costante aumento i casi di attività operanti nel settore somministrazione tempestate su piattaforme dedicate da false recensioni negative, spesso “concentriche”, ossia tutte dello stesso tenore da parte dei c.d. haters o «leoni da tastiera»! 

Da ultimo il caso di un noto imprenditore della ristorazione bersagliato da commenti negativi per aver pubblicato su un social network un post in cui mostrava l’acquisto di un suv di lusso.

Come noto “hater” è un termine utilizzato per indicare in modo dispregiativo coloro che in rete scrivono giudizi, valutazioni, commenti con toni aggressivi, violenti e offensivi. Per la legge tale comportamento non è esente da responsabilità.

Casi tipo

Innanzitutto, scrivere sul web parole/frasi che, con le modalità indicate, colpiscono l’integrità morale, la reputazione, anche di un’attività commerciale, può integrare gli estremi della diffamazione (art. 595 c.p.), aggravata in quanto amplificata dall’uso della rete, se quanto scritto, in assenza del soggetto leso, viene letto da almeno due o più persone

In tali casi la pena prevista va da sei mesi a tre anni ovvero si applica la multa non inferiore a 516 euro, salvo il risarcimento del danno in via civile richiesto dalla vittima.

Altra fattispecie criminosa che può ravvisarsi nella condotta dell’hater è la minaccia, percepita come tale dalla vittima e idonea a porre in pericolo il bene giuridico del minacciato tutelato dall’art. 612 c.p., vale a dire la sua tranquillità, senso di sicurezza e di protezione.

In tal caso si applica una multa fino a 1.032 euro, ovvero se grave, la reclusione fino a un anno.

Si può parlare poi di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) nel caso in cui l’hater, per commettere i sopra descritti illeciti, crei ed utilizzi un account anonimo ovvero un profilo su social network servendosi illegittimamente dell’immagine di altra persona, inconsapevole, idonea a dare vita ad un’identità digitale difforme da chi la utilizza.

Infine può integrare il reato di molestie di cui all’art. 660 c.p. l’invio assillante e reiterato di messaggi che, per leciti nel contenuto, hanno come sola finalità quella di importunare la vittima, pubblicati in rete o postati su social network, trattandosi di “luogo aperto al pubblico”.

*di alessandro klun

Letizia Ceriani

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