Rincari energia. Possibili rinegoziazioni?

*di alessandro klun

È sotto gli occhi di tutti che il rincaro energetico provocato dalle minori forniture di gas all’Europa da parte della Russia, in seguito all’invasione dell’Ucraina, incide profondamente sui consumi di famiglie e attività economiche che di queste risorse fanno uso ingente e per le quali risulta sempre più difficile tener fede agli impegni commerciali contrattualmente assunti.

Sulla scorta di quanto previsto in ordine agli effetti dell’emergenza Covid-19 e ai conseguenti provvedimenti, nazionali e locali, sui contratti in corso, specie per le locazioni di immobili ad uso commerciale, nella relazione tematica 8 luglio 2020, n. 56 dell’ufficio del massimario e del ruolo della Suprema Corte, si può affermare anche per tale fattispecie che: i) l’incremento del prezzi energetici, oltre le ordinarie variazioni, provocato dal conflitto russo-ucraino può costituire evento imprevedibile e inevitabile che legittima, se genera squilibrio tra le prestazioni contrattuali, la risoluzione del contratto ex art. 1467 c.c.; ii) secondo un generale dovere di buona fede in sede di esecuzione del contratto, va riconosciuta alla parte svantaggiata dalla prosecuzione del rapporto alle condizioni esistenti al momento della sua conclusione, di rinegoziarne il contenuto.

A questi principi si è ispirato il Tribunale di Arezzo che con ordinanza 22 giugno 2022, resa all’esito di un procedimento d’urgenza, ha stabilito la cessazione di un contratto di fornitura avente ad oggetto attività di deposito, stoccaggio e movimentazione merci che prevedeva, per il ricorrente in sede giudiziale, anche la custodia in oltre 1000 celle frigorifere di beni dell’altra parte contrattuale a fronte di un prezzo concordato nell’anno 2021. In particolare, il ricorrente sosteneva che tale corrispettivo fosse inadeguato in considerazione degli improvvisi e imprevisti rincari energetici e che, la parte convenuta, si era rifiutata di rinegoziare le condizioni del contratto, oggi squilibrato, in ragione di tali eventi.

Contumace il resistente, il giudice aretino ha accolto la domanda del ricorrente ritenendola fondata ai sensi del citato art. 1467 c.c.

Ha affermato in particolare che si è realizzato nella situazione attuale un perdurante squilibrio contrattuale “avendo l’energia elettrica raggiunto dei costi non prevedibili e superiori rispetto alle normali oscillazioni di mercato in ragione della crisi economica e finanziaria, alla quale si è aggiunto il conflitto bellico in atto in Europa” riconducibile ad  “abnormi cause di natura economica e finanziaria, di carattere generale o particolare, che incidano sui prezzi stessi in maniera straordinaria e imprevedibile”.

Ha aggiunto altresì che alla parte penalizzata dal sopraggiunto squilibrio va attribuita la possibile rinegoziazione delle clausole contrattuali con la collaborazione della controparte “in base al dovere generale di buona fede e correttezza oggettiva nella fase successiva alla stipula del contratto e quale fonte di integrazione contrattuale”, cui, nel caso di specie, non aveva aderito.

E’ bene tuttavia precisare tale facoltà di rinegoziazione non è ad oggi normata con la conseguenza che la parte svantaggiata ex art. 1467, comma 1, c.c. può agire per la sola risoluzione del contratto, non potendo pretendere che l’altra parte accetti coattivamente l’adempimento a condizioni differenti.

*a cena con diritto

Letizia Ceriani

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